giovedì 1 maggio 2025   
  Cerca  
 
wwwalkemia.gif
  Login  
Home1 » Fiera del libro 2008 » editoriale di Mariuccia Ciotta  

Dal MANIFESTO, l'editoriale di Mariuccia Ciotta:

Israele è responsabile della condizione disumana in cui vivono i palestinesi, ha costruito ghetti circondati da un muro che li rinchiude, ha attuato un regime di apartheid. L'ex presidente degli Stati Uniti d'America, Jimmy Carter, lo ha scritto nel suo libro Palestine: Peace, Not Apartheid, presentato in un lungo tour nelle maggiori università americane. Carter ha sostenuto nei suoi commoventi incontri che la politica Usa di appoggio al governo israeliano è sbagliata.
Che quest'appoggio americano a Tel Aviv istiga all'odio e alla guerra, e che il risultato saranno solo macerie e morte. Per Israele e per i palestinesi. Applausi, ma anche insulti, accuse di antisemitismo, boicottaggio...
Jonathan Demme ha video-raccontanto il giro americano dell'ex presidente e il suo documentario Man fron Plains è stato di fatto ancora boicottato all'ultima Mostra del cinema di Venezia. Nessun giornale ne ha parlato, tranne il manifesto.
Carter e Demme cercavano di dire, con un libro e con un film, che non c'è altra via se non quella della mobilitazione generale per fare giustizia in quella zona del mondo. Nessun'altra via se non la sollevazione degli individui e l'intervento degli stati, dell'America e dell'Europa per invertire la corsa al massacro dei palestinesi, e allo stesso tempo per garantire a Israele il diritto di esistere. Tutto il resto è guerra. Perciò siamo per il dialogo e contro il boicottaggio della Fiera di Torino.
Siamo per il dialogo politico e culturale, non vedo distinzioni, gli scrittori non sono «buoni» in quanto tali, fuori dal conflitto, anzi ne sono immersi. E mi sembra superfluo argomentare sulla voglia di propaganda del governo israeliano: se c'è, facciamogliela passare. O sulle presunte gaffe della Fiera (che avrebbe cercato di rimediare alle polemiche invitando «dopo» gli scrittori palestinesi) e tanto meno sull'occasione che porta Grossman, Oz, Yehoshua e gli altri scrittori a partecipare, cioè il sessantesimo anniversario della fondazione di Israele.
E' una buona occasione per discutere dell'attualità. Se no, si vuol dire che avendo un governo di cui nulla condividiamo, Israele deve cessare di essere? Che la sua esistenza, essendosi accompagnata con la negazione della terra ai palestinesi, è da mettere in causa? Che il dialogo con quel paese, quale che siano le distanze conflittuali, debba essere precluso?
Non abdicheremo a noi stessi, la loro memoria è la nostra e da quella memoria nasce l'indiscutibile diritto del popolo degli ebrei - al di là del concetto di «nazione» che in quest'epoca ha sempre meno senso - ad avere una terra dalla quale nessuno può cacciarli. E' una cosa che ci riguarda. E' una cosa iscritta nell'esperienza mentale di ognuno di noi, inscindibile.
Certo, uno stato, due popoli, due diaspore. «Musulmano» era chiamato l'ebreo da giustiziare nei lager. E' per questo che abbiamo la necessità di accogliere la bellezza del racconto di sofferenze inflitte e subite. La passione di chi, scrittori palestinesi e israeliani, rifiuta il dialogo è, paradossalmente, già un incontro. Disperato. Ma dice che non vogliamo stare soli e muti.
Il boicottaggio della Fiera del libro è pessima sotto il profilo morale, anche per le persone scelte come bersaglio, e inammissibile sotto il profilo politico. Ci sottraiamo perciò agli schieramenti di chi compila le colpe di una o dell'altra parte, moltiplicando i nemici. Quali siano le colpe, e in ragione di esse, andiamo a Torino, non solo per sprigionare la forza delle idee contro quella delle armi, ma per riconfermare il nostro mandato che ci distingue dalla cultura della morte.

DotNetNuke® is copyright 2002-2025 by DotNetNuke Corporation