E’ MORTO STEFANO
CHIARINI
GIORNALISTA DEL MANIFESTO
Flavio Novara
Squilla il cellulare, rapido e deciso. Un’altra notizia
ANSA, l’ennesima strage in Iraq: un camion bomba in un quartiere sciita, 121
morti. Un’altra notizia di morte. Un comunicato d’agenzia a cui non si riesce
mai a restare indifferenti nonostante siano ormai anni che giungono in
redazione. Il nostro lavoro a volte si nutre di tali scempi, di tali
sofferenze. Pochi di noi riescono ad annotare nei loro scritti, contro il puro
resoconto dei fatti, il sentimento e le sensazioni sentite. Le verità nascoste
o mai dette. Stefano era uno di questi.
Il cellulare squilla di nuovo, purtroppo non è un’altra
ANSA. E’ un messaggio di uno dei nostri amici che ci comunica che Stefano
Chiarini, il nostro Stefano era morto. Non è facile riempire questa pagina,
parlare di lui senza nascondere affetto ed amicizia. Tutte le parole ci
sembrano inadeguate.
Stefano Chiarini, inviato del
"Il Manifesto" ed esperto di Medio Oriente, è morto a Roma all'età di
55 anni, per un infarto. Lascia la moglie Elena e due figli, Tullia di 12 anni
e Lucio di 9 a
cui va tutta la nostra stima e affetto.
Stefano, era stato l'unico
giornalista italiano presente a Bagdad nella prima guerra del Golfo, quando
ebbe inizio l'attacco americano, insieme a Peter Arnett della CNN, certamente
più ricordato di lui. L'unico giornalista occidentale a rimanere a Bagdad. Un
corrispondente di un quotidiano comunista che, per alcuni, non meritava
certamente lo spazio adeguato riservato all’illustre giornalista della CNN.
Attento conoscitore dei problemi medio orientali, nei suoi scritti riportava
spesso la cronaca dei fatti senza tralasciare analisi politiche e risvolti
possibili futuri. Era innanzitutto un giornalista a cui piaceva denunciare le
sofferenze dei popoli di quelle terre. Dal Libano, Palestina, o Iraq, il comune
denominatore restava sempre il sopruso che questi popoli subivano, in nome
della democrazia e della lotta al terrorismo, dalle cosiddette civiltà moderne
e libertarie. Non fu infatti un caso se decise di fondare la casa editrice
Gamberetti, particolarmente attenta ai temi del Medio Oriente. Casa editrice che
nel corso di questi ultimi anni, aveva pubblicato tra gli altri diversi testi
di Noam Chomsky e di Edward Said grande intellettuale palestinese scrittore di
“Orientalisti”.
Siamo ancora increduli
della sua scomparsa e non riusciamo ancora a credere che se ne sia andato così
in punta di piedi, all'improvviso, senza un saluto, un cenno con la mano, un
sorriso. Siamo senza parole; il ricordo del nostro ultimo viaggio in Libano con
lui, a bombardamenti appena terminati, è ancora presente e vivo nei nostri
cuori. Come il suo desiderio di riuscire a comunicare la verità dei fatti, come
diretto testimone, senza voler accettare verità prestabilite. Come un
giornalista, un uomo, un amico degno di essere chiamato tale.
UNA DOLOROSA NOTIZIAMirca Garuti
Una notizia dolorosa ed
inaspettata è stata quella che mi ha raggiunto ieri sera: la morte di Stefano Chiarini.
Difficile accettare il destino quando, prematuramente, spezza il filo della
vita di una persona importante, ancora giovane e a te cara. Quello che mi univa
a Stefano era l’amore verso il popolo palestinese, libanese, e più in generale
per le questioni del medio oriente. Personalmente l’ho conosciuto nel settembre
del 2003, quando per la prima volta ho partecipato alla delegazione italiana,
rappresentata dal “Comitato per non dimenticare Shabra e Chatila “ che si
recava in Libano, per la commemorazione di quella strage. Stefano è stato il
fondatore di quel comitato e per questo è grande la mia gratitudine. Grazie a
lui il ricordo di quel massacro continua a vivere. Ogni anno le autorità di
Beirut ci accolgono e ci ringraziano.
Deve proseguire il lavoro e gli
obiettivi che Stefano e il comitato, si erano prefissati. Obiettivi che, incurante
dell’opinione contrastanti o superficiali di alcuni, Stefano con la sua ostinazione
ha sempre continuato a perseguire; non c’erano ostacoli al bisogno di verità.
La sua era una ricerca che non si fermava davanti al pericolo o all’orrore. Per
Stefano la questione palestinese era la centro delle questioni medio orientali,
si stupiva, come quel popolo senza terra e senza stato, fosse perfino odiato da
molti regimi arabi.
Nel 1982 scrisse su “Il Manifesto”,
l’episodio che forse l’avrebbe segnato per sempre: quello della strage di Shabra
e Chatila a Beirut, ad opera della milizia maronita aiutata dall’esercito
israeliano ed in prima persona da Ariel Sharon. Stefano ha sempre, con coraggio
e determinazione, denunciato questi orrori, come ha sempre parlato della prima
e seconda Intifada, della stretta connessione tra la guerra dell’Iraq e la
questione palestinese e del ruolo centrale d’Israele in tutto ciò che avviene
in medio Oriente. Per Stefano non c’erano tregue, anche quando non era in prima
linea, l’angoscia per tutto quello che succedeva, non l’abbandonava. La
necessità di capire i processi in corso, il dramma di quei popoli, vittime di
questi orrori, erano per lui fondamentale. Era consapevole di non avere la
possibilità di cambiare il mondo, di essere impotente, ma poteva scrivere,
raccontare, denunciare. Fare conoscere è meglio che tacere. Per tutti noi che
l’abbiamo conosciuto, che abbiamo con lui condiviso varie esperienze, è molto
difficile prendere atto della realtà. Non leggeremo più i suoi resoconti da
Beirut, da Bagdad e da Gaza. Non sarà più con noi, ma sarà invece dentro di
noi.
Ciao Stefano.
A STEFANO CHIARINI
Mariano Mingarelli
(Associazione Amicizia Italo-Palestinese)
Non ho parole adeguate per comunicarvi la notizia della
morte di Stefano Chiarini.
E' talmente assurda e drammatica da lasciare tutti noi
che l'abbiamo conosciuto, apprezzato ed amato, ammutoliti ed increduli.
Stefano era, e resta, la voce che abbiamo
ascoltato e letto, e direi, tante volte inseguito, perchè capace di darci la
conoscenza e la coscienza dei fatti.
Sappiamo che altri non gradivano i suoi interventi
perchè non offrivano alibi ed anfratti bui dove nascondersi.
Le sue parole non si mimetizzavano dietro ipocriti
sotterfugi.
Per noi erano la molla che ci faceva agire.
Noi lo amavamo per la sua semplicità di essere grande, per
quel suo mostrarsi sempre aperto a tutto ed a tutti, per quel suo
assicurarti un briciolo di attenzione anche quando era distratto e inseguiva
altri pensieri.
Per noi era come il fuoco per la falena: ci attraeva e ci
coinvolgeva, ravvivando quel poco di umanità ch'era nascosto nel fondo della
nostra coscienza.
Da lui abbiamo tratto il senso della nostra
partecipazione ad una lotta che ci ha posto dalla parte di chi ha
subito un torto epocale, che però nessuno vuole di fatto contrastare.
Stefano, immenso è il vuoto e la sofferenza che la tua morte
ha prodotto in noi.
Il suo ricordo, riportiamo qui di seguito il resoconto di
un articolo pubblicato da “Il Manifesto”, della notte in cui iniziarono i
bombardamenti di Bagdad durante la prima guerra del golfo nel 1991.
SOTTO LE BOMBE
Stefano Chiarini
Sono le 2.30 di notte. Un’improvvisa fiammata nei pressi
dell’aeroporto internazionale della capitale irachena, seguita dal crepitio
della contraerea, sveglia improvvisamente una città già al colmo della
tensione. Tutti sanno di che cosa si tratta. La guerra è iniziata.
Il
cielo si illumina a giorno sulla linea dell’orizzonte,
oltre le palme e le luci limpidissime delle strade che conducono verso
l’aeroporto in una delle notti più chiare di queste settimane di
tensione.
Squadriglie di bombardieri americani arrivano da ogni direzione, invano
inseguiti da una contraerea i cui proiettili scrivono strisce rosse e
gialle
nella notte come in una sorta di fuchi d’artificio, tragici e
mortali.…. Il Bombardamento ha un effetto devastante, decine e decine
di incursioni a intervalli di dieci-quindici minuti dalle 2.30 sino
all’alba. E
poi ancora alle 5, a
mezzogiorno e nel primo pomeriggio al calar della sera, verso le 17.…
Colpiti anche una raffineria nei pressi della città, il
ministero dell’informazione, l’aeroporto e tutti i centri di
comunicazione del
paese con l’estero. Colpite anche le zone civili della capitale.
Si ignora il numero delle vittime, ma dovrebbero essere
piuttosto elevato.
Oltre 400 gli attacchi aerei condotti dagli F15 americani e
dagli aerei inglesi contro oltre 70 obiettivi iracheni. I missili Cruise sono
partiti dalle navi ancorate nel Golfo e si sono diretti sui loro obiettivi. A Bagdad
e nelle altre città dell’Iraq sono stati colpiti industrie, impianti militari e
rampe missilistiche. Nelle sale dell’Hotel Rashid, da diverse ore isolato dal
resto del mondo, un funzionario del ministero dell’informazione tiene verso
l’ora di pranzo ina breve ed improvvisa conferenza stampo, sostenendo che
sarebbero 14 gli aerei “nemici” abbattuti (americani, inglesi e sembra anche
francesi). Il funzionario lancia un appello attraverso la radio perché la
popolazione non faccia del male ai piloti eventualmente lasciatesi con il paracadute.
Con l’attivo del giorno la capitale irachena trattiene di
nuovo il fiato e inizia il conto alla rovescia verso una sera e un’altra notte
che potrebbero essere ancora più tragiche della precedente. Poi in serata,
verso le 17 le sirene urlano di nuovo e tutti corrono nei rifugi dove
passeranno questa ultima interminabile notte.
Stefano Chiarini a Modena sulla guerra in Libano (Ott. 2006)