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Medio Oriente » Intervista di Paola Mirenda a Gilbert Achcar  

Gilbert Achcar, libanese, è docente universitario di  scienze politiche all'università di Parigi-VIII (Saint-Denis), collabora con Le Monde Diplomatique e con ZNet. In Italia è uscito da poco il suo ultimo libro, "Scontro tra barbarie. Terrorismi e disordine mondiale" (Edizioni Alegre, 2006).

 

Intervista di Paola Mirenda

Da mercoledì ormai l’esercito israeliano sta stringendo d’assedio e bombardando il Libano a seguito del rapimento di due soldati e dell’uccisione di altri sette da parte di un gruppo di hezbollah libanesi. La reazione di Israele era prevedibile, persino nella sua sproporzione. Quale ragione politica e strategica può essere individuata quindi dietro questa azione degli Hezbollah?

Diciamo che le spiegazioni che dà Hezbollah di questo gesto sono molteplici. La prima è quella di cercare di ottenere la liberazione dei prigionieri, perchè ci sono moltissimi prigionieri libanesi detenuti da Israele, anche se a titolo ufficiale ne risultano solo due, oltre ai circa 10 000 palestinesi, e allo stesso tempo  fare un gesto che esprimesse solidarietà alla attuale lotta del movimento palestinese Hamas -  che ha le stesse motivazioni -  e a quello che stanno passando. Era logico aspettarsi questa reazione violenta da parte israeliana, visto quello che è successo in Palestina a causa del rapimento di un altro soldato. In questa questione ci sono tante dimensioni: gli osservatori internazionali valutano quello che può essere il ruolo della Siria e soprattutto dell’Iran in tutto questo, quali sono i calcoli interni negli equilibri regionali. Teheran, il cui rapporto con gli Hezbollah è simile a quello tenuto da Mosca con i partiti comunisti all’epoca del “movimento comunista internazionale”, è impegnata da diverso tempo in una escalation anti-israeliana contro i governi rivali arabi per conquistare l’opinione musulmana sunnita, una escalation nella quale si iscrivono le dichiarazioni del presidente iraniano Ahmadinejad.  Questa escalation fa parte della strategia di Teheran nei confronti degli Usa, nel momento in cui la pressione americana sulla questione nucleare è in aumento. Ma direi che in ogni caso quello che hanno fatto gli Hezbollah è di dare il via ad una prova di forza che rischia loro di costare cara, come è già costata cara al Libano nel suo complesso.

Prova di forza verso Israele o all’interno del paese?

La prova di forza è prima di tutto verso Israele, perché Israele tenta, con le sue azioni, sia in Palestina sia in Libano, di frantumare i movimenti di resistenza, e in questo caso questo è stato il pretesto per farlo con il movimento degli Hezbollah e di Hamas. La violenza dell’offensiva militare israeliana si legge in questo senso. Israele prende in ostaggio popolazioni intere, lo ha fatto con la popolazione palestinese e lo sta facendo adesso con quella libanese. Ha bombardato l’aeroporto di Beirut e imposto un blocco al Libano, e tutto per una azione rivendicata da un gruppo, non dallo stato libanese. Nei fatti, Israele tiene in ostaggio una intera popolazione, in una reazione spropositata, ma il cui scopo è quello di fare terra bruciata sotto i piedi dei movimenti di opposizione, di imporre una azione interna contro questi movimenti. Ma se questo era il calcolo di Israele, la cosa potrebbe di rivoltarsi contro Israele stessa, perché è possibile che una azione militare di questa ampiezza ottenga esattamente l’opposto, e radicalizzi la popolazione più contro Israele che contro il movimento Hezbollah. La brutalità omicida della risposta israeliana, la chiusura dell’aeroporto, il blocco navale nelle sue acque territoriali, sono tutte cose che possono far sì che la popolazione si unisca nella rivolta contro Israele.

Non so quale possa essere stato il calcolo politico reale degli Hezbollah, ovviamente si aspettavano una risposta violenta da parte di Israele, che ha già invaso il Libano diverse volte precedentemente, e per questo mi sembra che ci sia in questa questione una forte componente di “avventura”, soprattutto per il rischio che corrono implicando tutta la popolazione in questo gesto. Si sono infatti assunti un enorme rischio prendendo l’iniziativa di attaccare Israele, considerato anche la forte potenza militare di Israele, e la popolazione potrebbe considerarli responsabili di una nuova guerra e di una nuova invasione, il cui  prezzo sarà pagato da questa.

Ma detto questo, è importante sottolineare che la principale responsabilità di questa situazione incombe su Israele. E’ una situazione assolutamente rivoltante, a cominciare da quello che sta avvenendo a Gaza. Dopo il rapimento del soldato da parte di un gruppo palestinese, l’esercito israeliano ha ucciso decine di civili palestinesi. Israele può detenere impunemente civili palestinesi, ma quando dei palestinesi rapiscono un suo soldato per utilizzarlo come moneta di scambio, usa una violenza illimitata, prendendo in ostaggio una intera popolazione, bombardando Gaza nell’indifferenza mondiale  generale. Questa è principale fonte di destabilizzazione nella regione, questo comportamento violento e arrogante di Israele che fa il paio con quello altrettanto arrogante e violento degli Stati Uniti, come nel caso dell’Iraq.

Quale è la posizione del governo libanese nei confronti dell’azione degli Hezbollah? Israele ha voluto considerare questa azione come fatta da tutto il governo, nonostante la smentita del primo ministro libanese

La politica israeliana consiste proprio in questa sua volontà di tenere in ostaggio intere popolazioni. Lo ha fatto già con i palestinesi, ma nel caso libanese la questione è più evidente perché è vero che il movimento hezbollah partecipa al governo, ma è una partecipazione ridotta,  in realtà è all’opposizione. Il governo libanese è dominato da una maggioranza alleata degli Stati Uniti, e oggi si può vedere fino a che punto l’Amministrazione Bush sia ipocrita, perché si dichiara preoccupata per la sorte del popolo libanese solo quando si tratta di opporsi in questo modo alla Siria.. Considerare questo governo libanese come responsabile dell’azione degli  Hezbollah, anche nel momento in cui ha preso ufficialmente le distanze da questa azione, è da un lato la dimostrazione della politica di diktat portata avanti da Israele, e dall’altra parte mostra  una volontà di obbligare i libanesi a mettersi in una situazione di guerra civile, così come stanno tentando di fare in Palestina. In tutti i casi, Israele vuole imporre ad una parte – Fatah in Palestina, e la maggioranza di governo in Libano – di schiacciare i nemici principali di Israele, Hamas e Hezbollah, oppure verranno essi stessi schiacciati. 

Cosa lega il movimento degli Hezbollah ad Hamas?

Hanno ideologia simile, e una opposizione radicale ad Israele. Hamas è sunnita, mentre gli Hezbollah sono sciiti, ma sono entrambi alleati alla Siria e all’Iran. E’ una sorta di alleanza regionale di opposizione ad Israele. Gli Hezbollah nascono dopo l’invasione del Libano nel 1982, Hamas all’epoca della prima intifada nel 1987-88.  Per entrambi il motivo di fondo della loro esistenza è l’opposizione ad Israele, una lotta nazionale contro il paese che ha occupato i loro territori. La lotta contro un nemico comune identificato sia in Israele sia negli Stati Uniti.

La divisione religiosa tra sunniti e sciiti in Iraq è dovuta a fattori interni propri del paese, ma non è altrimenti importante nell’insieme della regione. Questa divisione è comparsa anche in Libano a partire dallo scorso anno, quando la maggioranza della comunità sunnita, capeggiata da Hariri  alleato dei sauditi e degli Usa, si è trovata opposta alla maggioranza sciita governata dagli Hezbollah  alleata alla Siria e all’Iran.  Ma difficilmente questa divisione può essere un fattore importante nei paesi dove le due comunità, sciita e sunnita, non sono presenti entrambe come lo sono in Iraq e nel Libano. In Palestina, non ci sono quasi sciiti. 

Un identico legame tra Hezbollah e la Palestina non esisteva né con l’OLP né quando l’autorità palestinese era guidata da Arafat, perché  gli Hezbollah non avevano nessuna simpatia per Arafat e ancor meno per Abu Mazen, a cui non veniva riconosciuta la stessa radicalità nell’opposizione ad Israele che anima Hamas, anzi venivano accusati di tradire la causa palestinese.  L’affermazione di Hamas in Palestina è stata percepita dagli Hezbollah e dall’Iran come una vittoria, e del resto l’Iran è stato il primo Stato a proporre ai palestinesi, quando sono stati tagliati i fondi occidentali, un finanziamento compensatorio. 

Come reagirà la popolazione libanese a quanto sta avvenendo? Gli Hezbollah otterranno solidarietà o verranno invece giudicati responsabili ?

La base popolare degli Hezbollah è evidentemente sciita, (gli sciiti sono la più grande delle minoranze che compongono il paese) ma sicuramente anche molta della minoranza sunnita appoggerà questa scelta, perché fatta per esprimere solidarietà ad Hamas e ai palestinesi, e la brutalità della reazione israeliana accrescerà questa solidarietà. Per contro, è probabile che parti importanti delle minoranze libanesi differenti dagli sciiti – i cristiani, i sunniti, i drusi e altri -  siano rinforzati nell’opposizione agli Hezbollah perché si sentono sovradeterminate dalla scelta degli Hezbollah, e che calcola che dovrà pagare il prezzo di questa scelta. Il rischio, ovvio, è che si approfondiscano le divisioni all’interno del Libano, e che questo possa portare fino ad una nuova guerra civile. La questione è sapere se la maggioranza di governo libanese cederà al diktat israeliano a prezzo di una nuova guerra civile, o se valuterà che la priorità è di opporsi all’aggressione israeliana e di preservare l’unità del paese. Per adesso, è questa seconda scelta che sembra imporsi. Bisogna sperare che resterà questa, e la protesta internazionale contro la duplice aggressione israeliana può contribuire fortemente al rafforzamento di una resistenza comune. Ma la questione è di sapere se la maggioranza di governo libanese cederà al diktat israeliano a prezzo di una nuova guerra civile, o se valuterà che la priorità è di opporsi all’aggressione israeliana. Per adesso, è questa seconda opzione che sembra vincere.

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