RICORDARE L’OPERAZIONE “PIOMBO FUSO”
di Mirca Garuti
Il 18 gennaio 2009 terminava l’operazione “Piombo Fuso” iniziata dal governo colonialista d’Israele il 27 dicembre 2008.
22 giorni di feroci bombardamenti su un piccolo lembo di terra, la Striscia di Gaza, abitata da oltre un milione e mezzo di persone. (v.Bombardamento Gaza dic.08 speciale)
A due anni di distanza voglio ricordare questa aggressione citando alcuni passaggi del libro “Un Parroco all’inferno”, un’intervista di Don Nandino Capovilla ad Abuna Manuel Musallam, parroco della chiesa della Sacra Famiglia a Gaza per quattordici anni fino al 2009.
“Come essere umano, come palestinese e come arabo, prima che come cristiano e prete, finchè avrò respiro testimonierò quello che ho visto e vissuto per anni nella prigione di Gaza. Chi non ha visto e vissuto non può immaginare che livello di degradazione umana si può raggiungere attraverso un’oppressione morale e materiale che non è stata compiuta in un singolo tragico atto criminale, come i bombardamenti dei giorni dell’assedio”.
Che cosa ha portato nella Striscia il “piano di disimpegno” di Sharon nel 2005?
“Gaza era una prigione anche prima del 2006, controllata a nord e a sud da confini spesso invalicabili per i palestinesi. Fino al 2005, al suo interno vivevano quattromila coloni. Non avevano niente a che fare con noi, non cercavano né contatti né incontri. Erano considerati come “esterni” agli abitanti ed erano ovviamente protetti con misure eccezionali dall’esercito. Avevano le loro strade e tutta l’acqua a disposizione. Generalmente, prima di installare una colonia, cercavano la fonte e poi la costruivano esattamente lì. In molti casi nella Striscia hanno scavato pozzi e preso tantissima acqua portandola fino in Israele, che quindi era al centro del trasporto dell’acqua”.
E… poi l’inferno è scoppiato!
“L’attacco del 27 dicembre non è stato diverso da altri attacchi di Israele in altri posti e in altri momenti. Intendo dire che l’invasione è stata uguale ad altre, si è scagliata con la stessa violenza, con la stessa crudeltà, ha avuto la stessa tipologia di attacco che altrove, con cannoni, armi, missili, e anche con le stesse armi fuorilegge, quelle per esempio che spezzano in due sia gli oggetti sia le persone, sia qualsiasi obiettivo raggiunto, senza che si veda niente altro. La differenza rispetto ad altri attacchi israeliani è stata che questo attacco ha coinvolto il territorio della Striscia nella sua globalità, andando da Rafah a Beit Hanoun, e soprattutto la vera differenza è stata la lunghezza e l’intensità della guerra. Il 27 dicembre, all’improvviso, nell’arco di due minuti tutte le postazioni di polizia sono state colpite contemporaneamente, e sessantaquattro ufficiali della polizia sono stati uccisi. Ma i poliziotti e i vigili non sono soldati, non fanno la guerra, non sono militari e tutti questi morti, questi poliziotti sono civili innocenti”.
Chi e che cosa è stato colpito?
“In questa guerra hanno ucciso 1396 persone: 64 erano miliziani di Hamas, 320 erano bambini, 111 donne, 9 israeliani (3civili). I feriti sono stati 5300. Circa 4000 case sono state distrutte, 5 scuole dell’Unrwa. I raid aerei e l’artiglieria israeliani hanno distrutto anche decine di edifici pubblici, una ventina di moschee, 18 scuole, 215 cliniche mobili, 28 ambulanze”.
Il 6 gennaio viene bombardata la prima scuola dell’Onu. In Italia si comincia a percepire che non si tratta di una guerra, ma di un massacro di civili.
“Oltre il cinquanta per cento delle moschee è stato colpito e persino quando hanno dovuto ammettere che avevano attaccato una scuola dell’Onu hanno affermato che si trattava di un gesto di autodifesa. Mai avevo assistito a un livello tale di ipocrisia: i TG occidentali stavano completamente stravolgendo la verità sui crimini compiuti, mettendo in campo tutte le possibili falsità, senza attirare su di loro l’indignazione generale e la protesta della comunità internazionale. I soldati israeliani si sono comportati come se fossero superman e agivano completamente al di fuori della legge. Dopo qualche settimana, finalmente alcune voci si sono levate nel mondo, e anche nello stesso Israele, per ammettere la verità: è stato un crimine, un crimine contro l’umanità”.
Durante l’attacco l’esercito israeliano ha usato armi illegali e terribili.
“In questa guerra l’esercito israeliano ha usato armi proibite, bombe che tagliavano qualunque cose o persone trovassero. Immagina come migliaia di lame possano sezionare e tagliare in due un armadio, un frigorifero, un letto o una persona. Così accadeva: all’improvviso qualsiasi obiettivo venisse colpito si divideva in due, fossero corpi oppure oggetti. Scene inenarrabili.
Hanno lanciato anche bombe al fosforo bianco: la materia al loro interno è liquida e questo liquido fa fumo. E quando i medici si illudono di averlo estromesso dal corpo colpito, questo, a contatto con l’ossigeno, si riaccende. La ferita diventa un fuoco e una brace che non si consuma. Mi chiedo perché dobbiamo accettare di essere umiliati fino a questo punto. Io sono convinto e ripeto che nessuna nazione, nessun popolo e nessun uomo accetta di essere sottomesso a tal punto da un altro popolo.”.
In quei giorni hai cominciato a scrivere appelli, a far presente al mondo che lì si stavano massacrando persone…
“Sì, il 13 gennaio ho scritto un appello per scuotere le persone: Non abbiamo cibo, l’acqua potabile scarseggia, i bambini sono terrorizzati. In questa grave situazione musulmani e cristiani si sono ancora più uniti e insieme cercano di sopravvivere. Siamo tutti palestinesi e siamo tutti vittime… abbiamo messo a disposizione la nostra scuola come rifugio. All’interno hanno trovato ospitalità molte famiglie e bambini. Il loro pianto è continuo, sono terrorizzati. In tanti anni non ho mai visto una cosa del genere… la popolazione è allo stremo. Il popolo palestinese non merita questo trattamento di sangue. Imploro tutti di fermare questa guerra e di riaprire il processo di pace. I palestinesi vogliono vivere in pace”.
Richard Falk, relatore speciale dell’Onu, il 4 gennaio ha dichiarato che “bombardare quotidianamente una popolazione indifesa in un’area sovraffollata come quella della Striscia rappresenta un crimine”…
“Concordo assolutamente con queste coraggiose affermazioni… perché a Gaza non ci sono solo terroristi, come d’altra parte pensano anche qui in cisgiordania. Che siano di Hamas o di Fatah, sono persone, con tutta la loro dignità di figli di Dio. O forse, sotto sotto, pensate anche voi che tanto sono di serie Z e che quindi..”se la sono voluta”. Certamente è duro dirlo, ma la strage degli innocenti si ripete ancora, proprio qui, come duemila anni fa, e i nuovi Erode sono più vivi che mai. Sentiamo che in Italia la gente giustifica e trova perfino legittimazione a questa guerra. Ma voi, informatevi bene e poi ragionate con la vostra mente e soprattutto con il vostro cuore. Non è tutto spiegato dal lancio dei qassam: i fatti di oggi hanno un retroscena che non giustifica per niente l’operazione “Piombo Fuso”. Andate a leggere la storia di questo Paese. Informatevi per capire bene come in realtà stanno le cose. Perché si comprende un’ingiustizia solo conoscendo la storia di questa terra.
Ma soprattutto, basta! Ci si deve muovere! E’ moralmente obbligatorio muoversi!”.
Ma quando mai allora si arriverà alla pace?
“Gli israeliani dovrebbero smettere di pensare di essere in pericolo, di sentirsi perseguitati. Devono smettere di vedere in ogni palestinese un terrorista. Israele grida sempre alla necessità di mantenere la sicurezza: solo stando insieme, palestinesi e israeliani, potranno capire che in realtà non sono gli uni contro gli altri, ma contro i fondamentalismi di entrambe le parti. Israele però ci sta continuamente impedendo di realizzare questa strada: il muro, i checkpoint, l’occupazione vanno nella direzione opposta. Non vogliono nemmeno che ci guardiamo l’un l’altro. E siccome hanno soldi e armi, pensano di essere invincibili. L’equilibrio tra Israele e Palestina non c’è”.
Come prete, come uomo e come palestinese, quale pace sogni?
“La pace deve essere basata sull’amicizia, sul perdono, sullo sviluppo, sulla giustizia, sul rispetto. Solo così potremo riunirci, israeliani e palestinesi, in modo da creare qualcosa di duraturo. Gli Israeliani dicono che Dio ha dato loro questa terra:ma l’ha data anche a noi! Questa terra è terra di Dio. Il cristianesimo è carità e speranza. L’Islam è pietà. L’ebraismo è una religione, non una nazione, così come il cristianesimo è una religione, non una nazione. Gli ebrei possono essere arabi, americani e francesi. Costituire una nazione che sia uno Stato ebraico non può funzionare”.
Nel maggio 2009 il Papa ha visitato la Terra Santa. I cristiani della Striscia di Gaza l’hanno invitato ma egli non è arrivato.
“Come comunità cristiana, avremmo desiderato che il papa arrivasse a Gerusalemme passando attraverso la ferita di Gaza. In vista del viaggio di papa Benedetto XVI in Terra Santa, per me è stata una gioia grande che la mia lettera aperta al papa venisse diffusa e tradotta in tante lingue. Ci saremmo però aspettati che il papa rimandasse la visita in Israele perché lui era il nostro Padre. Desideravamo che il papa prendesse una posizione chiara, che protestasse, che dicesse che questi palestinesi erano ingiustamente oppressi. Però, quando questo non è accaduto, i palestinesi, che in quanto cristiani dovevano essere l’obiettivo principale della visita pastorale del papa, si sono rattristati molto, perché egli arrivava senza prendere una posizione forte nei confronti di questa guerra. E quando ha deciso di venire comunque in Terra Santa, abbiamo davvero sperato che venisse a farci visita. I rappresentanti di Hamas erano pronti a offrirgli sicurezza a livello ottimale e una straordinaria accoglienza. Eravamo comunque consapevoli che non sarebbe venuto da noi in questa situazione, perché avrebbe ricevuto pressioni da Israele, dalla comunità internazionale (europea e americana in primis) e da Mahmoud Abbas. Ma i palestinesi, e i cristiani di Gaza in particolare, non condividevano questa decisione. La prima volta che qualcuno chiese al papa di venire a Gaza, sappiamo che accettò. Poi però ha cambiato idea. Ma noi, come cristiani e musulmani palestinesi, avremmo voluto un papa più coraggioso, che dicesse:”Voglio andare a Gaza perché non ho paura di niente e di nessuno, neanche delle guerre e delle persecuzioni”. E dicesse che per questo sarebbe andato lì dove le persone stavano più soffrendo. Io speravo che il papa volesse condividere con noi fino in fondo la sofferenza, contro qualsiasi volontà, contro qualsiasi disegno politico: a costo di andare contro Israele, contro la Palestina, contro tutti. Avremmo voluto che in quel momento ci avesse messo al centro delle preoccupazioni della comunità internazionale e di quella cristiana in particolare. E la Chiesa sarebbe stata segno grande della carità di Cristo per gli ultimi, i poveri, gli oppressi. La Chiesa è già presente e viva a Gaza. Essa invece non ha trovato e mandato nessuna personalità ufficiale a investigare su quello che è accaduto. Tutte le istituzioni hanno poi mandato qualcuno: abbiamo visto ambasciatori tedeschi, inglesi, americani. Ma la Chiesa non ha mandato nessuno, nessun gruppo di cardinali o di vescovi, per difendere i cristiani e soprattutto per vedere la situazione reale. Perché sono stati assenti? Quando la Chiesa era quella di Gesù, dei primi anni del cristianesimo, cercava davvero i più poveri per offrire loro il suo amore e la sua vicinanza. Ecco perché siamo stati così rammaricati per la mancata visita del papa. E’ la Chiesa che mi ha mandato a Gaza ed io ci sono andato, io, un semplice prete. Perché il rappresentante della Chiesa dovrebbe avere paura? Perché il papa stesso o qualsiasi altra persona di alto livello non mi ha chiamato per sapere come stavamo? Per dirci :”siete una piccola comunità, ma non preoccupatevi, siamo con voi”, affinché io potessi dirlo anche agli altri? Bisogna fare anche dei gesti, non solo parlare dal sicuro della propria dimora”.
L’operazione “Piombo Fuso” è stata anche ricordata, dopo un anno, dall’iniziativa “Gaza Freedom March” ( v.diario Gaza Freedom March 09) che doveva condurre 1500 attivisti di tutto il mondo dentro la Striscia di Gaza per cercare di interrompere lo stretto assedio imposta da Israele da più di tre anni. Purtroppo la marcia è stata bloccata al Cairo, ma non la lotta che, nonostante tutte le imposizioni da parte di Israele, continua.
La Freedom Flotilla (nove navi con 10.000 tonnellate di aiuti umanitari) in rotta verso Gaza assediata, il 31 maggio 2010 è assalita dalle marina militare israeliana: il bilancio delle vittime è di 9 morti e 45 feriti. (v.freddom flotilla)
Fra pochi mesi, una seconda e più grande flotta, la Freedom Flotilla 2, cercherà nuovamente di arrivare alla Striscia di Gaza e, questa volta ci sarà anche la nave italiana “Stefano Chiarini” con decine di attivisti e tonnellate di aiuti per le scuole ed ospedali palestinesi.
Ricordare, quindi, per non dimenticare e continuare a portare avanti con fiducia una lotta giusta per la dignità dell’uomo.
18/01/2011