VIETATO L’INGRESSO
AGLI AMICI DEI PALESTINESI
di Mirca Garuti
Israele, con la chiusura di ogni accesso possibile a chiunque si dichiari “amico dei Palestinesi”, continua a mantenere la sua ferrea linea difensiva. Un tempo, neppure troppo lontano, si leggevano i cartelli “Vietato agli ebrei” oppure “Vietato ai meridionali”, ora invece il divieto è rivolto ai Palestinesi ed ai loro sostenitori, in nome della “sicurezza” israeliana.
Lo dimostrano i fatti delle ultime due settimane relativi alla missione della Freedom flotilla 2 e all’evento “Welcome to Palestine”. La Flotilla non è riuscita a partire. Il governo greco ha fatto l’impossibile, tra ispezioni e sabotaggi, per bloccare la partenza in direzione di Gaza di tutte le navi, compreso anche la piccola “Dignité”, l’unica che era riuscita a salpare. Mercoledì 6 luglio, la Dignité aveva ormeggiato, nel tardo pomeriggio, ad Ormos Kouremenos, un piccolo porto nella parte più orientale di Creta, per fare l’ultimo rifornimento, prima di ripartire per Gaza. Dopo aver caricato i primi mille litri di combustibile, è stata avvicinata da una vedetta e cannoniera della guardia costiera greca. Inizia così una trattativa tra i passeggeri e gli uomini in uniforme (una dozzina): i documenti sono sottoposti a più controlli, le telefonate si moltiplicano e la discussione continua per due ore. Non viene trovato nulla!
Quentin Girard giornalista del quotidiano “Libération” così racconta : “Il capitano non ha tenuto un diario di bordo ed i costi d’entrata nel porto turistico, 30 euro, non sono stati pagati. Solo che in questo piccolo porto di pescatori, non c’era la capitaneria per dichiarare il loro arrivo –Dobbiamo aspettare”. Girard continua – “Sono le 22, quando la guardia costiera ci dice che dobbiamo seguirli per andare in un altro porto per firmare le autorizzazioni e che la Dignitè potrà ripartire il mattino seguente”.
La piccola imbarcazione francese è dunque costretta a ripartire nella notte, scortata dalla guardia costiera. E’ andata un po’ oltre rispetto alle altre navi, ma non è sufficiente!
La Grecia, come il resto dell’Europa, esegue gli ordini del governo d’Israele e non esiste nessuna scusa, nemmeno la sua crisi economica.
Si è persa, dunque, la Dignità di agire e di pensare in piena autonomia.
La prepotenza israeliana non si è espressa solo con la Freedom flotilla 2 ma anche con l’evento “Welcome to Palestine”, bloccando tutti i voli in partenza dall’Europa verso Tel-Aviv, dimostrando così la sua pericolosità non solo verso tutti i Palestinesi ma anche per la democrazia europea.
L’intenzione delle centinaia di attivisti internazionali era quella di partecipare alla settimana “Welcome to Palestine”, organizzata da oltre 40 associazioni palestinesi, in molti villaggi e città della Cisgiordania, dal 9 al 16 luglio, portando la loro solidarietà e condivisione per le difficoltà dei palestinesi di vivere sotto occupazione. La novità, rispetto a tutte le altre precedenti iniziative, è quella del “non nascondere le intenzioni dei partecipanti” una volta arrivati all’aeroporto Ben Gurion. La trasparenza di questi obiettivi si è trasformata in una “minaccia alla sicurezza”, tanto che, il premier Benyamin Netanyahu ha ordinato alle varie forze di sicurezza di “agire in modo deciso contro i tentativi di creare una provocazione all'aeroporto”, evitando però “attriti non necessari con gli attivisti internazionali”. Il governo d’Israele teme, di fronte a tutte queste ultime azioni, di perdere per lo più l’immagine che sta cercando di modificare nei confronti dell’opinione pubblica internazionale.
Israele, come risposta al programma degli attivisti, ha aperto una stanza speciale per i controlli all’aeroporto di Tel Aviv, dove autorità dell’aviazione, rappresentanti del ministero della sicurezza, degli esteri, della polizia ed altri opereranno senza sosta fino all’ultimo arrivo degli attivisti. Tutti i passeggeri prima del decollo ed a bordo degli aerei saranno controllati, perché tutti potranno essere potenziali partecipanti a quest’evento.
Israele ha presentato una lista nera con 347 nomi. Il Ministero degli interni israeliano ha inviato una lettera a tutte le compagnie aeree che chiede di ”non imbarcare i radicali pro-palestinesi” definiti “hooligans”, sui voli diretti a Tel Aviv. Il comunicato continua: “A seguito delle dichiarazioni degli attivisti pro-palestinesi in arrivo in Israele per sconvolgere l’ordine e per confrontarsi con le autorità israeliane” è stato deciso di rifiutare loro l’ingresso nel paese, “secondo la Legge d’Ingresso in Israele del 1952″.
La richiesta di collaborazione delle varie compagnie aeree ha funzionato! Centinaia di attivisti, infatti, sono stati bloccati nell’aeroporto francese Charles de Gaulle ed anche l’Alitalia ha sospeso i voli. L’appello degli attivisti, invece, non ha avuto riscontro. Chiedevano, in un comunicato stampa diffuso giovedì scorso, alle compagnie aeree di “non accettare le azioni provocatorie ed illegali e i ricatti del governo israeliano”.
Olivia Zemor, una dei responsabili dell’organizzazione della missione Welcome to Palestine – Bienvenus en Palesatine, ha affermato “Noi siamo persone pacifiche e non vogliamo sconvolgere l’ordine in Israele. L’aeroporto è sotto occupazione israeliana”.
Le proteste negli aeroporti di Londra, Parigi e Ginevra continuano, mentre a Tel Aviv, circa 130 attivisti, che erano riusciti ad arrivare all’aeroporto Ben Gurion, sono stati arrestati e sono in attesa dell’espulsione dal territorio d’Israele. Si apprende che qualcuno dei francesi arrestati, prima dell’interruzione telefonica, sia riuscito ad inviare messaggi che segnalavano aggressioni fisiche contro di loro e la separazione tra quelli con sembianze “arabe” da quelle “occidentali”.
Nello stesso momento, all’aeroporto di Parigi, i passeggeri in attesa di partire per Tel Aviv sono stati caricati dalla polizia. Hanno organizzato, senza indugio, un sit-in di protesta anche perché le compagnie non hanno nessun’intenzione di procedere ai rimborsi.
Alcune fonti palestinesi riportano che circa 50 attivisti, eludendo i vari controlli, sono riusciti a raggiungere la West Bank.
Sophia Deeg, coordinatrice tedesca degli attivisti ha aggiunto: “Molti dei partecipanti sono famiglie o persone anziane che non sono mai state in Palestina. Il loro intento è solo quello di mettere in luce la forte restrizione della libertà di movimento che è in vigore in Palestina”.
Ugo Volli ha affermato, invece, in un articolo apparso sul sito di “Informazione Corretta” che queste due iniziative sono da considerarsi due vittorie ottenute con la collaborazione di Grecia, Cipro, Turchia e di alcune compagnie di linee aeree internazionali, contro chi continua a non voler riconoscere la sovranità statuale israeliana. E’ Israele ad essere “assediato”, Volli continua nel suo articolo a dichiarare: “Ha scritto qualcuno che stati e società non spariscono mai, a meno che si suicidino. Questo è particolarmente vero per Israele, che è assediato da prima della sua nascita da stati e movimenti che provano sistematicamente a distruggerlo trovando il suo punto debole: prima con le guerre convenzionali, poi col terrorismo aereo e con quello suicida portato nel cuore delle città: tutti fortemente ridimensionati, se non abbandonati, quando hanno trovato una difesa adeguata. Ora da qualche anno il gioco è la delegittimazione, la guerra giuridica e dell'opinione pubblica, per cui il sistema politico occidentale è il terreno privilegiato e i mezzi di comunicazione e gli opinion leader i principali strumenti di combattimento. E' possibile e naturalmente sperabile che il fallimento delle flottiglie marittima e aerea e dei tentativi di invasione dei confini convinca prima o poi i palestinesi ad abbandonare anche questa forma di lotta e magari anche a riprendere seriamente una strategia di pace con Israele abbandonata del tutto, dopo il breve momento di Oslo, una decina d'anni fa”.
Israele considera fondamentale solo il suo diritto di autodifendersi in nome della sicurezza e del riconoscimento di Stato Ebraico, respingendo invece tutte le sue responsabilità per le violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale. L’arroganza di questo governo non ha limiti e lo dimostra l’ultima legge approvata dalla Knesset, lunedì 11 luglio, con 47 voti favorevoli e 38 contrari. Si tratta della "Boycott Bill". Dopo tre votazioni, da oggi Israele può chiedere un risarcimento di circa 10mila euro per danni finanziari provocati dal boicottaggio economico, culturale ed accademico e, può revocare le esenzioni dalle tasse e benefici legali ed economici a tutte quelle persone, istituzioni o gruppi israeliani che sostengono il boicottaggio del proprio Stato. Saranno penalizzate anche tutte quelle società e compagnie israeliane che vorranno lavorare con compagnie palestinesi.
Per mettere in pratica la Boycott Bill, non serviranno prove tangibili, ma, sarà sufficiente, il solo invito al boicottaggio con l’obiettivo di causare danni economici e d’immagine. Si condanna dunque il pensiero, il gesto, l’intenzione!
La Boycott Bill ha solo un giorno, ma già si vedono i risultati: la compagnia israeliana per l’elettricità e lo sviluppo tecnologico “Arca”, ha cancellato, oggi 13 luglio, il contratto che aveva per la costruzione della nuova città palestinese di Rawabi a nord di Ramallah (prima città pianificata dall’Autorità Palestinese).
Questa legge è stata presentata dal parlamentare avvocato del partito Likud, Ze’ev Elkin ed è stata approvata da tutta la coalizione di maggioranza e dalle opposizioni, con il voto contrario solo del partito di Kadima e quello d’astensione di “Indipendenza”. I parlamentari di Kadima non si sono risparmiati nei confronti del Premier: “Netanyahu ha passato la linea rossa della stupidità e dell’irresponsabilità nazionale. Il suo governo crea problemi ad Israele e dovrebbe essere il primo a pagarne il prezzo”.
I dissidenti della società civile israeliana hanno definito la legge antidemocratica contro la libertà d’espressione e manifestazione. Il governo si è difeso, come il solito, affermando che questa legge è solo un mezzo per tutelare lo Stato di Israele contro una delegittimazione globale. Alcune organizzazioni per i diritti umani hanno già annunciato che presenteranno ricorso all’Alta Corte, definendo la legge “completamente anticostituzionale perché limita la libertà d’espressione politica ed è contraria al diritto internazionale”. “La Knesset tenta non solo di chiudere la bocca della protesta contro l’occupazione, ma anche di impedire alle vittime e a chi si oppone di lottare contro”, ha detto Hassan Jabarin, direttore generale di Adalah, organizzazione per i diritti umani, certo che il “Boycott Bill” non riceverà mai l’assenso dell’Alta Corte.
Se però Israele è stato costretto a promulgare una legge ad hoc significa che la campagna BDS (boicottaggio, disinvestimento, sanzioni) messa in atto fino a questo momento, ha dato i suoi risultati.
Israele non si limita a bloccare la Freedom Flotilla2, la Welcome to Palestine, ad emanare una nuova legge contro il BDS, ma organizza anche viaggi turistici al fine di far conoscere la “facciata buona” d’Israele. L’ambasciata israeliana a Roma, infatti, ha pianificato un tour nello Stato ebraico, senza mettere piede nei Territori Occupati, per un gruppo di giovani politici italiani, da domenica 10 luglio a venerdì 15. Nel giorno in cui era approvata la “Boycott Bill” i giovani italiani erano in visita al Parlamento israeliano. Che tempismo perfetto!
Il giro turistico in Israele, da Gerusalemme, Nazareth, Tel Aviv prevede incontri con il Sindaco di Sderot, un meeting con i rappresentanti dei Jerusalem Venture Partners(fondi di capitali a rischio), con la società di smaltimento rifiuti Hetz Ecologia, una cena dibattito con Claudio Pagliara (corrispondente Rai da Israele), la visita ad un kibbutz, ai valichi d’osservazione al confine del Libano e della Siria e, per finire, la scoperta di una “Tel Aviv by night”.
L’invito ufficiale dell’ambasciata ai giovani delegati italiani così declamava: “Riteniamo che conoscere direttamente Israele e sperimentare la sua realtà attraverso un viaggio possa essere utile per meglio comprendere la complessità del paese e della regione”.
Giovanni Donzelli, consigliere regionale toscano del PDL, invitato in qualità di rappresentante della Giovane Italia, ha dichiarato: “Sarà un’occasione preziosa per conoscere meglio la complessa realtà politico-istituzionale e non solo, di un paese verso il quale siamo legati da profonda amicizia”.
Sul suolo israeliano, in questi giorni, è presente anche il Segretario del PD, Pierluigi Bersani. Durante un suo incontro con la cooperazione italiana a Ramallah, ha così commentato la visita dei giovani politici: “Se i ragazzi che fanno parte della delegazione mi avessero chiesto un consiglio – anche se non lo hanno fatto – avrei detto loro di andare, ma di tenere gli occhi aperti, di pensare con la propria testa”
Naturalmente, il viaggio dei giovani politici, ha suscitato una pronta reazione da parte di cittadini italiani, cooperanti e non, che risiedono in Israele e nei Territori Occupati. Hanno diffuso una lettera, un appello ai giovani politici italiani per “aprire gli occhi” perché la realtà israeliana non comprende solo Israele, ma anche un altro mondo, quello palestinese, che deve essere conosciuto.
Esiste un altro tipo di turismo: il turismo responsabile che permette di capire quello che invece si tenta di nascondere.
13/07/2011
(fonti:peacereporter.net - nenanews.com)