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Visti per Voi » American gangster  
Ambizione, corruzione e sangue nell’America all’ombra del Vietnam

American Gangster - voto : 8

Sono in molti ad affermare come l’ultimo lavoro di Riddley Scott, “ American Gangster “, sia candidato a catturare più di una statuetta alla prossima rassegna degli Oscar Hollywoodiani. Per averne conferma occorrerà attendere alcune settimane, ma sin da ora si può sostenere senza esitazioni, quanto valida sia la sua nuova creatura.

Registi che come lui hanno avuto nelle corde opere straordinarie come “ Alien “, “ Blade Runner “, “ Thelma e Louise “, “ o “ Il Gladiatore “, è normale inducano a storture di naso quando da anni inanellano lavori di buon livello ma non a quella altezza. Quasi avesse ascoltato qualche mal celato mugugno del suo pubblico, Mr. Scott è tornato in grande stile, affidandosi alla ricostruzione di una vicenda realmente esistita.

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Siamo a New York a cavallo tra la fine degli anni ’60 e l’inizio dei ‘70, la Guerra del Vietnam attraversa la sua fase cruciale che sta per volgere alla sconfitta dell’esercito statunitense, e le notizie dal fronte riempiono la mente e le pagine degli americani. Quando il quartiere di Harlem perde Bumpy Johnson, Boss di colore della vecchia guardia, resta privo di uno dei suoi punti di riferimento. Bumpy gestiva il territorio e i suoi traffici criminosi, con la durezza dei capi di rango, ma riusciva a farsi amare dalla sua gente grazie al rapporto di scambio utilizzato dalla malavita. A colmare il vuoto creatosi, penserà Frank Lucas ( Denzel Washington ), colui che tra tutti i suoi uomini, ha meglio assimilato negli anni la dura arte del gangster.

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Lucas è anche lui un nero dalle origini poverissime, ma diviene un leader astuto e scaltro, che non esita ad imporre la legge del più forte, combinandola con la saggezza di chi conosce le regole del gioco. Nel giro di pochi anni salirà la scala del potere malavitoso grazie all’audacia messa in mostra nel traffico della droga. Quando all’inizio degli anni ’70, la politica del presidente Nixon inasprisce la guerra ai commercianti di eroina, Lucas sbaraglia la concorrenza andandosi a procurare la materia prima direttamente nel sud est asiatico, “ baipassando “ i canali tradizionali. La sua “ neve bianca “ purissima ed economica, irrompe nelle strade della Grande Mela, stravolgendo le regole del mercato e arricchendolo oltre ogni misura.

Regole che includono tra l’altro, una dilagante corruzione tra le forze di polizia, che fanno a gara per assicurarsi le mazzette dei boss più illustri e generosi. Ma come sempre accade in ogni ambito, vi sono eccezioni destinate a scombinare anche le abitudini più consolidate. Una di queste ha il volto di Richie Roberts ( Russel Crowe ), detective della contea di Essex, un sobborgo alla periferia di New York. Roberts fa della sua integrità una bandiera, ma la fama di poliziotto incorruttibile lo renderà inviso a tanti colleghi. Testardo e coriaceo, troverà chi gli darà fiducia, per ingaggiare una lotta senza esclusione di colpi con i trafficanti di eroina.

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La sfida si eleva ben oltre al consueto e infinito duello tra il bene e il male: Lucas e Roberts scelgono strade differenti, binari paralleli che li condurranno sulle rive opposte del fiume, ma sono uomini accomunati dalla stessa ambizione, entrambi affamati di potere e di vittoria. Una molla che spingerà ambedue a sacrificare gli spicchi più trascurabili della propria vita, per soddisfarne le porzioni più ingombranti. Lucas ama la famiglia, la celebra e la onora, ma finisce per coinvolgerla nella sua bramosa e sanguinosa rincorsa verso il potere e la ricchezza, venendo meno al rispetto più inviolabile, quello per la vita. Roberts è onesto e incorruttibile, ma sacrifica la vita di chi lo ama per soddisfare la sua carriera, per seguire un istinto da cacciatore che fiuta le sue prede a qualsiasi costo. L’ onestà diventa un alibi per apparire migliore agli occhi dei cari che soffrono per il suo essere discontinuo e inaffidabile, e l’amore necessita di essenze ben più consistenti di immagini riflesse.

Come il regista, anche gli attori protagonisti ritrovano interpretazioni degne degli oscar già conquistati ( Russel Crowe con “ Il Gladiatore “ nel 2000, e Denzel Washington con “ Training Day “ nel 2001), dopo gli ultimi anni di performance non sublimi salvo sporadiche eccezioni. Le loro sono prove muscolose, cariche di una fisicità che riempie lo schermo. Forse l’intimo dello spettatore non ne uscirà stravolto, ma il forte impatto scenico degli interpreti lo terranno ben saldo alla poltrona.

“American Gangster” appartiene alla scuola del grande cinema stelle e strisce: una regia esperta nella ricostruzione di un periodo e del suo clima, attenta alla cura dei dettagli che non sconfinino negli eccessi drammatici; una sceneggiatura solida e dal ritmo incalzante; una sequenza di interpretazioni di grande livello e una colonna sonora che attinge alla tradizione musicale di quegli anni.

Riddley Scott si addentra all’interno di un travagliato momento della vita politica e sociale degli Stati Uniti, seguendo il filo di una vicenda particolare e avvincente. Una storia di uomini, potere e sangue, dove la guerra del Vietnam con i suoi strascichi, è una componente non circoscritta ai soli bollettini che giungono dal fronte, quale semplice sottofondo sonoro di molte sequenze. E’ un America dilaniata da ingiustizie sociali, anche per le conseguenze della sua politica militare, un paese che matura la presa di coscienza di come le speranze degli anni ’60, si profilino ben lontane dal realizzarsi, e con esse le aspettative di un futuro migliore.

Le strade vengono inondate dall’eroina, e nel suo glaciale calore, in tanti si rifugiano per eludere una realtà dura e difficile. Con la morte e il degrado di tanti, in pochi si arricchiscono, al disperato inseguimento di quel sogno americano da realizzare ad ogni costo, travolgendo ogni regola penale e morale. Una eroina che impregna i simboli di un paese per macchiarli di morte: dalla bandiera che avvolge le bare dei giovani americani di ritorno dall’ultimo viaggio nel Vietnam, ai tacchini del “ Ringraziamento “ che la malavita regala alla gente, per scambiarla con l’appoggio quotidiano. In questo contesto di disillusione totale, la corruzione dilagante tra le forze di polizia ( che i protagonisti dell’epoca hanno affermato un po’ meno generalizzata ), acuisce quel senso di smarrimento che la gente comune doveva provare.

Una storia vera, quella di Lucas e Roberts, che meglio di tante finzioni racconta gli uomini e con le loro virtù e debolezze.

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