Il
legame dei sentimenti veri alla base dell’esistenza
Giorni
e Nuvole – voto : 6,5
Genova ed il suo
cielo popolato da nuvole spesso cupe, sono il teatro dell’ultimo
film di Silvio Soldini.
Nel capoluogo
ligure, il regista milanese sceglie di raccontare una storia di
sofferenza umana, lasciandosi alle spalle le atmosfere surreali e
leggere che avevano caratterizzato i suoi lavori più
importanti.
Questo “ Giorni
e Nuvole “ si rivela molto distante sia da “Pane e Tulipani “ (
2000 ), che da “ Agata e la tempesta “ ( 2004 ), entrambi film
che hanno reso celebre il regista sia in Italia che all’estero, per
quella ironia mai condita di banalità con la quale ha tinto le
sue commedie.
Ad allineare le
pellicole è il legame che tutte le trame hanno con il loro
presente relativo, elevando le condizioni sociali ed ambientali
dettate dal tempo in cui si vive, come elementi in grado di
subordinare le scelte degli esseri umani e influenzare sentimenti e
relazioni.
Elsa e Michele,
interpretati da Margherita Buy e Antonio Albanese, sono una coppia di
ultra quarantenni con una figlia già adulta.
Elsa si è
appena laureata in Storia dell’Arte e lavora da tempo nel recupero
di un affresco che si ritiene del Boniforti, mentre Michele è
il titolare di un impresa insieme ad alcuni “ soci amici “. La
loro figliola Alba ( Alba Caterina Rohrwacher ), viene spesso
criticata dal padre per la sua marcata indipendenza, che la porta a
scelte sentimentali e professionali ritenute troppo umili e non in
linea con le aspettative del genitore.
La loro vita
scorre serena ed economicamente agiata: i giorni e le ore che
rimangono libere dal lavoro e dagli impegni, sono scanditi dalle
serate trascorse con gli amici nella loro bella casa o in costosi
ristoranti, dai viaggi in luoghi esotici e lontani e dalle gite con
la barca di proprietà.
Gli equilibri sono
destinati a infrangersi quando Michele rivelerà ad Elsa di
essere stato estromesso dalla società da lui creata. Gli amici
di un tempo lo silurano perché troppo ancorato a valori morali
non in sintonia con le scelte imprenditoriali che la sopravvivenza
dell’azienda impone.
La coppia reagisce
in modo differente a questa una nuova realtà economica che
imporrà un radicale e riduttivo mutamento del tenore di vita.
Entrambi si
ritroveranno precari a oltre quaranta anni, ma mentre Elsa si
adatterà a vari lavori disposta a trascurare le sue passioni,
Michele si troverà smarrito e perderà quei punti di
riferimento esistenziali sui quali aveva costruito la vita, come il
ruolo d’imprenditore e di uomo in grado di provvedere alla
famiglia.
I giorni scorrono
e si susseguono sempre più uguali, tutti oscurati da un cielo
carico delle nuvole dell’inquietudine che non lascia trasparire
raggi di sole in grado di illuminare il futuro.
Una perdita
d’identità che finirà per insinuarsi nel rapporto di
coppia, logorandolo fino all’estremo e mettendo in evidenza la
fragilità umana nel conservare una reciproca fedeltà
nei ruoli.
Un film per nulla
leggero, ma gradevole e apprezzabile per il lucido realismo con il
quale Soldini fotografa una realtà sociale. La flessibilità
non è richiesta solo in ambito lavorativo, ma è
dolorosamente necessaria quale componente del nostro dna. Dobbiamo
gioco forza essere pronti ad adattarci ai cambiamenti improvvisi, a
reagire dinanzi alla presa di coscienza di un “ prima “ che non
c’è più, e accettare un presente quale teatro ombroso
e complesso per un futuro sempre più incerto. Valori come il
lavoro con l’identità personale che si rafforza nel ruolo ad
esso legato, emblemi simbolicamente maschili, finiscono per essere
frantumati davanti ad un sistema che non premia la lealtà, la
competenza e l’esperienza.
In primo piano si
eleva chi è in grado di riciclarsi secondo le regole del
mercato, bravo ad annusare la direzione in cui spira il vento, spesso
in barba ai principi della coerenza e per nulla legato a temi che si
ispirano alla solidarietà umana.
Dinanzi a questo
Soldini innalza a vera struttura portante l’amore fatto di
sentimenti autentici, a volte da riscoprire attraverso percorsi di
sofferenza profonda, Elsa e Michele per salvarsi, dovranno se ne
saranno capaci, abbandonare i viaggi attorno al mondo per compierne
uno fermi sul posto e a simbolo di questo ne è un esempio la
bellissima sequenza finale.
Una coppia
d’attori eterogenea dalle estrazioni artistiche molto diverse. E’
sempre complicato stilare una graduatoria di meriti, ma si può
misurare sulla pelle le emozioni che le interpretazioni regalano. Su
questo territorio la prova della Buy supera quella di un Albanese
comunque in crescita artistica in ambito cinematografico. L’attrice
romana è una delle più brave del panorama italiano ed
europeo e la sua Elsa racchiude tutta la forza e la fragilità
di una donna davanti ad una situazione simile. Donne da sempre
abituate a doversi improvvisare, a rimboccarsi le maniche per
conquistarsi ogni traguardo e meno soggette al panico dettato dagli
stravolgimenti improvvisi.
Antonio Albanese è
un attore straordinario nel portare in scena personaggi macchietta
del nostro tempo: una recitazione che ottiene il massimo effetto in
ambito teatrale e televisivo e che si fonda sull’uso della mimica
facciale, vocale e corporea. Un artista completo capace su quegli
scenari di ballare, recitare e cantare. Sul grande schermo sta
crescendo ma ancora fatica a raggiungere la stessa intensità
dei colleghi nati nel cinema. Il personaggio di Michele è
figlio di una interpretazione importante anche se a volte la sua
disperata lotta per non perdersi viene illuminata per luce riflessa
dalla prova della sua compagna di cast.
Michele è
un uomo che non riesce a trovare un suo posto in questo mondo
ribaltato, dove finiranno per essere i figli a volte, a farsi carico
del disadattamento dei padri, ma anche qui come per Elsa, il filo
della propria vita è riconquistabile solo ricucendo tutti i
fili che lo legano agli affetti profondi.
A completare il
cast ricordiamo Giuseppe Battiston nei panni di Vito, un altro
precario non più giovane con il quale Michele solidarizza e
condivide i giorni bui. Una nuova prova di rilievo per l’attore
friulano, divenuto da anni un punto di riferimento del panorama
cinematografico italiano, grazie alla versatilità e bravura
nel dar vita a personaggi di ogni regione ed estrazione sociale del
nostro paese.