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Di Enrico Gatti


Regia: Spike Jonze
USA, 2013
Voto:  8 ½


Siamo nel futuro. Theodore, il protagonista del film, scrive lettere per guadagnarsi da vivere. Le persone si rivolgono alla compagnia presso la quale è impiegato commissionandogli lettere personali da far recapitare agli interessati, spesso amici e parenti. Gratificato dal lavoro, Thedore vede però naufragare la sua vita sentimentale. Dopo la separazione dalla moglie, in attesa di concludere le pratiche per il divorzio, fatica a riprendere in mano la propria vita. Ma le cose presto cambieranno grazie a Samantha, con la quale Theodore inizierà una nuova, passionale, romantica, coinvolgente, storia d’amore. Fin qui nulla di strano, se non fosse che Samantha è, di fatto, un sistema operativo, un OS come dicono nel film. Samantha è un OS innovativo, anche per il futuro, creato per auto-crearsi, è un’intelligenza artificiale in grado di apprendere, mutare ed evolvere una propria personalità.
Non è un caso se sulle locandine del film compare la scritta “una storia d’amore di Spike Jonze”. Solamente una fantasia irriverente e visionaria come la sua poteva partorire una storia simile e solamente un’ottima penna,da Oscar in questo caso, poteva rendere tutto questo assolutamente plausibile. In fondo, il Jonze sceneggiatore che si spinge lontano nel tempo e prende l’evoluzione della società hitech come pretesto per alcune riflessioni, allo stesso tempo àncora la sua storia d’amore alla più antica tradizione romantica.
Il contesto, questa società del futuro, aiuta a pensare ai nuovi modi di concepire le relazioni umane. I rapporti umani tecno-mediati stanno diventando senza dubbio sempre più complessi ed estremamente simili a quelli della vita reale. Le emozioni che riescono a suscitare sono autentiche e non possono essere accantonate alla stregua di capricci o mere fantasie. E questo il film lo spiega bene. Ma spiega anche che alla base di tutto c’è sempre e solo un uomo alle prese coi suoi sentimenti più autentici, primordiali. Tutto il contrario dell’uomo spersonalizzato delle utopie classiche. Il film è, in questo senso, veicolo di un romanticismo estremo, totalizzante, capace persino di evocare un profondo senso di malinconia, il sentimento forse più romantico al pari dell’amore.
E se la malinconia è il mezzo attraverso il quale contemplare il futuro, allora non ci resta che riflettere e interrogarci. Siamo destinati a vivere una vita dove tutto e troppo intenso per durare? Siamo condannati a vivere storie d’amore incredibili, perfette, passionali, ma destinate ad esaurirsi in poco tempo? E se arrivassimo ad avere la sensazione che ciò che vivremo in futuro potrebbe essere solamente qualcosa che abbiamo già vissuto? E se questo qualcosa non potesse che essere un surrogato, emotivamente attenuato, del passato?
Queste cose Spike Jonze non ce le dice.




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