INTERSTELLAR & BOYHOOD
Due volti del cinema contemporaneo
di Enrico Gatti
Nell’autunno appena trascorso, Christopher Nolan e Richard Linklater sono entrati prepotentemente nelle programmazioni dei cinema con due lungometraggi interessanti. In un certo senso, i film dei due registi rappresentano bene quelli che potrebbero essere definiti i ‘due volti’ del cinema contemporaneo. Dalla parte di Nolan vediamo l’ennesima mega produzione con effetti speciali potentissimi, grandi attori, e l’ennesima storia di fantascienza, machiavellica ma tutto sommato avvincente. Linklater invece si conferma il paladino della normalità, delle storie comuni raccontate con piccoli film nei quali affiora l’autenticità delle situazioni e dei sentimenti.
Una cosa però sembra accomunare, per non dire ossessionare, i due registi: il tempo. Il tempo frammentato di Nolan, destinato ad una perenne scomposizione e ricomposizione, e il tempo di Linklater, lento e sicuro nel suo inesorabile scorrere secondo natura.
Interstellar infatti utilizza il tempo e le sue increspature non solo come stratagemma per creare suspense, ma addirittura come fulcro per l’intero intreccio narrativo. Boyhood invece sfida il tempo con un esperimento cinematografico senza precedenti, lasciando che esso scorra davanti alla cinepresa e venga immortalato nella sua reale dimensione e nel suo sicuro quanto inevitabile incedere.
E come molti film fantastici di ieri e di oggi, Interstellar riflette sull’umanità partendo da una dimensione cosmica, quasi metafisica, per arrivare ad interrogarsi sul futuro della specie umana. Boyhood al contrario, si rivolge all’uomo partendo dalla vita di un singolo e concentrandosi sulle piccole avventure esistenziali nelle quali il microcosmo della persona entra in contatto col mondo reale. L’impatto non è mai totalmente indolore, ma può riservare anche delle belle sorprese.
Interstellar racconta di eroi e altri mondi, esploratori e conquistatori dell’ignoto, mossi da sogni più grandi dell’immaginazione. Boyhood ci racconta della vita ridefinendo il significato dell’essere normali. Da come scrivono alcuni, il film si porrebbe addirittura come manifesto di un nuovo movimento chiamato appunto normal che esalta la semplicità della vita e i buoni sentimenti ritenendo superfluo ogni sogno vanaglorioso e ogni eccesso. Niente più decadentismo e artisti maledetti quindi, ma solo persone amanti della vita serena cullati da quella che i romantici definirebbero ‘mediocrità’.
Sono allora questi i due volti del cinema contemporaneo? Forse sì. Fantascienza metafisica e racconti del quotidiano, due mondi agli antipodi che sembrano però riflettere sugli stessi temi, pur partendo da premesse completamente diverse. E se forse i primi, i nuovi colossal, peccano spesso di presunzione nel voler essere profetici senza avere minimamente lo spessore culturale e la preparazione filosofica adatti allo scopo, i secondi, i film normal, si appoggiano troppo al relativismo e alla psicanalisi per poter concretizzare le loro riflessioni.
Pregi e difetti in entrambi i casi. Due volti incompleti di un cinema contemporaneo che deve forse ancora trovare la propria sintesi.
Voti:
Interstellar 6
Boyhood 9