All’ombra di
un giallo nella provincia friulana, un logorante silenzio di dolore
La
ragazza del lago – voto : 6/7
Il
debutto alla regia di Andrea Molaioli si è distinto come la
rivelazione dell’anno nel panorama cinematografico italiano. Nato a
Roma 41 anni fa, l’artista è cresciuto con numerose
esperienze come assistente alla regia di maestri del calibro di Nanni
Moretti, Carlo Mazzacurati, Daniele Lucchetti e Mimmo Calopresti.
Con
“La ragazza del lago “, Molaioli si rivela esponente di un cinema
intento a raccontare la realtà del nostro tempo con un taglio
riflessivo e critico sulla via imboccata dalle nostre esistenze.
Prendendo spunto dal romanzo della scrittrice norvegese Karin Fossum
“ Lo sguardo di uno sconosciuto “, il regista dà vita ad
un giallo dal ritmo compassato, ambientato nella provincia friulana.
Sulle
rive di uno dei tanti laghi della Carnia, un giorno viene ritrovato
il cadavere di Anna ( Alessia Piovan ), una bellissima ventenne
conosciuta da tutti gli abitanti del vicino paese. Del caso si
occuperà il Commissario Sanzio, interpretato dal bravissimo
Toni Servillo. Le indagini di Sanzio procedono con difficoltà,
impantanate nel malessere che attanaglia il Commissario, alle prese
con il difficile rapporto con la figlia ventenne Francesca ( la brava
Giulia Michelini ), e con la malattia mentale della moglie ( Anna
Bonaiuto ). Investigando, il poliziotto entrerà in contatto
con una comunità vittima degli stessi mali, dove all’interno
dei nuclei familiari spesso regna un clima carico di tensioni e
difficoltà. Inondato dal dolore che silente e avvolgente lo
accompagna, Sanzio riuscirà meglio di chiunque altro a calarsi
in quella lucida empatia in grado di accomunarlo e avvicinarlo ai
colpevoli di un delitto figlio della disperazione.
Molaioli
trasporta il trhiller collocato in origine tra i fiordi norvegesi,
per incastonarlo tra le mura di una delle province italiane più
lontane dalla cronaca nera. Egli compie un autentico capolavoro di
adattamento, fornendoci un esempio di come la sensibilità ed
il talento possano fornire alla regia gli strumenti necessari per non
ricalcare la traccia letteraria, dove il romanzo diventa fonte di
spunti e non percorso obbligato, arricchendolo allo stesso tempo di
aspetti e temi in linea con la nuova ambientazione.
La
regia si addentra in quel disagio che accomuna la provincia italiana
al sud come al nord, allineandosi seppur con sfumature molto diverse,
ad altri lavori prodotti dal cinema di casa nostra nel corso della
stagione scorsa: “ La giusta distanza “ di Mazzacurati e “ Non
Pensarci “ di Zanasi. Uomini e donne incapaci di adeguarsi ai ruoli
che la famiglia e il nostro tempo richiedono, e stritolati da una
serie di esigenze intime e materiali da soddisfare, finiscono con lo
smarrire anche la propria identità. Snaturandosi si precipita
in uno stato di alienazione e di solitudine, dove anche la famiglia
diviene culla di cose da dire non dette. Le persone si isolano
permettendo al dolore e all’angoscia, di scavare in silenzio canali
profondi nei sotterranei dell’anima. Le esistenze si logorano
silenziosamente, per sfociare all’improvviso in drammi terribili a
causa di un dolore quotidiano mai espresso.
Le
umanità che Molaioli ci descrive covano braci ardenti sotto lo
spesso strato di cenere che un’illusoria e apparente tranquillità
nasconde, carboni vivi e ardenti in grado di condurle a gesti
violenti non figli della malvagità, ma alimentati dalla
disperazione di chi non ha gli strumenti emotivi per sostenere le
durezze della vita, o di chi non ha avuto maestri in grado di
foggiarli.
Presentato
al Festival del Cinema di Venezia nel settembre del 2007 e uscito
nelle sale nazionali alcune settimane più tardi, “ La
ragazza del lago “ ha conquistato il David di Donatello 2008 (
l’equivalente degli Oscar del cinema italiano ), quale miglior
film, regia e regista esordiente ( Molaioli ), attore protagonista (
Toni Servillo ), senza dimenticare un lungo pacchetto di premi di
natura tecnica.
La
magistrale prova di Toni Servillo, unita a quelle esibite in “
Gomorra “ di Matteo Garrone e “ Il Divo “ di Paolo Sorrentino,
rendono la sua stagione esaltante, consentendo all’attore di
Afragola ( Napoli ), di affermarsi come interprete dell’anno per il
nostro cinema, e consolidando una posizione di assoluto rilievo in
ambito europeo. Il Commissario Sanzio ha il volto di un uomo che fa
della legge uno strumento di umana ragione, forte ma senza
protagonismi e arroganze, stagliandosi come unica figura in grado di
captare le silenziose e assordanti grida di aiuto che giungono dalla
piccola comunità friulana. Chi come lui è stato colpito
dal dolore in maniera tanto intensa, conosce il potere che lo stesso
ha nel trasfigurare l’essenza umana, alterando la natura di miti
uomini e donne. Al fianco di Servillo un cast interamente italiano e
figure di spicco come Valeria Golino e Fabrizio Gifuni.
Un
dramma che coinvolge un intreccio di dolori e vite umane, ognuno alle
prese con la propria silente angoscia, e tutti circondati
dall’assenza di chi sa ascoltare.