Quando
l’essenza dell’uomo sopravvive a ogni prova
Lo
scafandro e la farfalla – voto : 7++
Jean
Dominique Bauby ( interpretato da Mathieu Almaric ), è un
giornalista parigino di successo e caporedattore della celebre
rivista di moda e costume “ Elle”, quando nel 1995 la sua vita
viene stravolta da un ictus. Il malore lo coglie all’improvviso
mentre in compagnia del figlio sta viaggiando in automobile, e il
drammatico istante in cui il buio avrà il sopravvento,
marcherà un confine senza ritorno riservatogli da un impietoso
destino. Quella che fino a quel giorno era stata grazie al denaro,
alle belle donne e alla popolarità, una vita sognata da tanti,
sta per trasformarsi nel peggiore degli incubi.
Al suo
risveglio, alcune settimane più tardi, la sentenza dei medici
è asciutta e terribile, senza appelli. Le conseguenze
dell’ictus lo hanno condannato ad una rara forma di “ Locked-in
Sindrome “. In sostanza Jean Dominique, si scopre in pieno possesso
di tutte le sue facoltà mentali e cognitive, ma del tutto
incapace di muoversi e parlare, imprigionato nello scafandro di un
corpo che non risponde a nessun comando neurologico. Il contatto con
il mondo esterno diviene possibile solo grazie all’udito e al
movimento delle palpebre del solo occhio sinistro: un battito per il
sì, due battiti per il no. Questi semplici, impercettibili e
sottovalutati moti del corpo, consentiranno all’anima e alla
speranza di librarsi in cielo senza barriere di tempo e di luogo con
la leggerezza della farfalla, consentendo a Jean Dominique Bauby di
mostrare al mondo quanto sia possibile conservare integra l’essenza
di un uomo, anche in un contesto così fisicamente lacerato. Un
percorso duro e difficile, dove la presenza femminile di luminosa
bellezza, rimarrà come unico denominatore comune al prima e al
dopo.
Il
celebre pittore americano Julian Schnabel, saltuariamente prestato al
cinema solo per opere di grande spessore ( “ Basquiat “ del 1996
e “ Prima che sia notte “ del 2000 ), sceglie di raccontare
questo dramma realmente vissuto, prendendo spunto dall’omonimo
romanzo autobiografico “ Le scaphandre et le papillon “, che lo
stesso Bauby scrisse o meglio dettò, attraverso il battito
delle palpebre del suo occhio sinistro. Schnabel conferma il suo
essere regista per istinto, incarnando la sensibilità di chi è
in grado di raccontare storie ed emozioni senza quella formazione sul
set comune a molti colleghi. Il suo progetto ha previsto un lungo
periodo trascorso in Francia, la scelta di un cast quasi
completamente francese, e la traduzione sempre in francese della
sceneggiatura per una maggiore autenticità del racconto.
Schnabel ha scelto di imparare la lingua per poter dialogare con il
cast e di girare nell’originale ospedale di Berck in Bretagna dove
il vero Bauby era ricoverato.
Il
risultato è di un film non semplice, duro e poetico al
contempo. Un fulgido esempio di come una regia artisticamente
coraggiosa, sia comunque in grado di trasmettere forti emozioni,
narrando sentimenti in modo vivido e toccante, ma senza sforare mai
nel patetismo gratuito. Il magistrale inizio di pellicola,
contraddistinto da una lunga serie di sequenze dove la soggettiva
della cinepresa, ci rivela le ombre e l’angoscia vissute al
risveglio dal coma dal protagonista, lasceranno spazio ai flash back
e alle riflessioni che ne scandiranno i ricordi e le speranze. Il
dolore e la disperazione urlanti nel silenzio della sua mente,
verranno sconfitti dal coraggio di chi si aggrappa a tutto ciò
che ci rende uomini sempre e comunque, in ogni circostanza.
L’elegante
regia, unita alla sapiente sceneggiatura di Ronald Harwood ( “
L’amore ai tempi del colera “), e impreziosita da un cast di buon
livello, hanno condotto “ Lo scafandro e la farfalla “ a
conquistare la Palma D’oro a Cannes per la miglior regia, il doppio
Golden Globe per Miglior film Straniero e Regia e ben quattro
nomination all’Oscar.
L’interpretazione
di Almaric è solida e convincente, così come una gemma
ci appare la prova del grande Max Von Sydow nelle vesti del padre,
mentre alle donne ancora una volta è riservato il ruolo di
forti e dolcissime donatrici di cura e speranza. Le belle Emmanuelle
Seigner ( la moglie di Bauby, Celine ), Marie Josee Croze ( la
fisioterapista Henriette ), e Anne Consigny ( la curatrice del libro
Claude ), alimentano la sua voglia di vivere con sincero affetto e
credibili prove.
Un
inno alla vita, senza giudizi o sentenze, privo di accenni verso la
difesa della stessa a qualunque costo, libero da ogni allusione verso
ogni benevola eutanasia.