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Visti per Voi » L'uomo con i pugni di ferro  
L’UOMO CON I PUGNI DI FERRO
Di Enrico Gatti


Regia: RZA
USA, Hong Kong, 2012
Voto: 7


La storia è semplice. Un sacco di attori cinesi col nome inglese fanno i cattivi che spadroneggiano in un piccolo villaggio della Cina feudale. Le attrici, anche loro col nome americano e il cognome di tre lettere, sono tutte rinchiuse in un lupanare gestito dalla splendida Lucy Liu. Loro però non sono né buone né cattive, diciamo opportuniste. Poi ci sono i buoni: un afroamericano che fa il fabbro, un Russel Crowe grasso e un cinese decisamente più cinese degli altri.
I buoni, le femmine e i cattivi, si incontrano tutti nel postribolo e si uccidono a vicenda, il villaggio è salvo, e il nero resta vivo.
L’interpretazione del film può risultare particolarmente complessa, quindi è giusto suddividere il ragionamento in più livelli. Primo, è evidente che il fabbro-nero-americano col ferro ci sa proprio fare; secondo, al nero americano vengono tagliate le braccia dai cattivi cinesi e per questo, momento drammatico, sembra che lui sia spacciato; terzo, il fabbro, che come ricordiamo coi metalli ci sa proprio fare, si forgia le sue nuove braccia diventando l’uomo coi pugni di ferro.
Anche le star, coinvolte in ruoli secondari ma piuttosto importanti, hanno qualcosa da dire, la Lucy Liu ricorda se stessa nel ruolo O-Ren Ishii, mentre Crowe si ripete nel ruolo di grasso.
La prima regia del rapper RZA (Robert Diggs all’anagrafe, ma RZA in effetti è più bello) è tutto sommato un bell’esordio, che si colloca all’interno di un filone ben preciso a cui altri prima di lui hanno spianato la strada contribuendo a ‘formare’ il gusto del pubblico nel corso degli anni con un numero ormai significativo di pellicole. Non è questo un modo per denigrare il film, è facile però convenire sul fatto che a questo manchi quell’impronta dissacrante caratteristica di molti suoi predecessori. E’ sbagliato tuttavia pensare che L'uomo con i pugni di ferro non sia irriverente o eccentrico, quando invece alcune trovate sono assolutamente vincenti, ma è giusto pensare che uno spettatore abituato a un certo tipo di provocazioni, dopo tutto, non riesca ad entusiasmarsi troppo quando le vede riproposte nello stesso modo.
E allora viene da chiedersi, quale sarà il futuro di questi film?
Il genere a questo punto è ben definito e codificato, i maestri hanno fatto scuola e ad oggi tutti li conosco e soprattutto li apprezzano, fra l’altro molto più che in passato. Il genere è diventato di moda, e forse è arrivato il momento di far spazio agli allievi, anche se è assai probabile che tali allievi attingano a piene mani dai film dei maestri riproponendoli solamente con piccole varianti e qualche aggiunta e forse, dico forse, c’è la possibilità che tale genere diventi, grazie a loro, tanto popolare da annichilire qualsiasi forma di originalità nei nuovi registi che si potrebbero accontentare un giorno di sfornare film scontati e impersonali solo in funzione di un facile successo al botteghino. O forse è probabile, che queste siano chiacchiere senza senso perché tutto sommato il film di RZA rimarrà un unicum nella produzione di film tarantiniani non di Tarantino, ma è sempre bello poter fantasticare.
Giudizio finale comunque soddisfacente. Visione consigliata.


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