Quando
arriva “la Chiamata”, occorre saperla ascoltare
Michael
Clayton – voto : 7
Dopo
una lunga carriera di sceneggiatore che lo ha visto autore di film di
successo tra i quali la serie dell’agente Bourne
con
Matt Demon, “L’avvocato
del Diavolo”
( Al Pacino e Keanu Reaves), “Rapimento
e Riscatto”
( Meg Ryan e Russel Crowe”), “Michael
Clayton”
segna il debutto da regista di Tony Gilroy.
Michael
Clayton ( George Clooney) è un ex pubblico ministero che ora
svolge il ruolo di “spazzino” per un grande studio legale. Un
destino maturato a causa di investimenti finanziari sbagliati e
dissidi familiari, che lo portano ora a ripudiare la legalità
per un lavoro ambiguo.

La
sua specialità è infatti quella di riparare alle
questioni più spinose in cui vengono coinvolti i funzionari e
dirigenti clienti dello studio per cui lavora. Attraverso una scaltra
opera di alterazione e occultazione delle prove e dei fatti, deve
tirare fuori i prestigiosi assistiti da situazioni compromettenti e
delicate maturate in ambito professionale e privato.
Quando
a trovarsi nel ruolo di funzionario da “recuperare” è un
suo datato amico, Arthur Edens ( Tom Wilkinson ), si accorge di non
trovarsi dinanzi al solito caso. Arthur è colpito da una sorta
di crisi d’identità a causa del rifiuto totale di proseguire
l’opera criminosa di cui si era reso per anni responsabile. La
U-North, la multinazionale per cui Mr. Edens lavora, aveva da anni
commercializzato un prodotto chimico per l’agricoltura pur
consapevole della sua tossicità in quanto altamente
cancerogeno. Arthur era il responsabile legale che doveva difendere
l’azienda dalle cause impiantate da una class action di persone
composta e sostenuta dai familiari di ammalati e defunti a causa del
prodotto. Giunto a questo punto della sua vita sente la coscienza
ribollire e lo stomaco rivoltarsi al pensiero di proseguire il
compito di difensore di un’azienda che aveva deliberatamente
lasciato morire decine di persone.
La
sua voce fa da sottofondo alle sequenze iniziali del film e
all’inizio ha il suono di un delirante sproloquio senza senso.
Lentamente il suo significato prende forma fino a consentirci di
interpretarlo nella sua pienezza: un disperato urlo di dolore, un
monito agli uomini, alla loro cattiveria e avidità e con esso
il disperato bisogno di liberarsi e purificarsi da tutto questo male.
Clayton
non riesce ad avvicinare l’amico che cerca a sua volta di
contagiarlo nell’opera di redenzione. La situazione precipita
quando tra l’indifferenza del suo superiore Marty Bach ( Sidney
Pollack) e la malvagia scalata al potere di Karen Crowder ( Tilda
Swinton), l’escalation della violenza supera ogni limite.
Lo
“spazzino” si troverà a scegliere su quale sponda del
fiume attestarsi ma quasi senza accorgersene, seguendo l’istinto di
ex uomo di legge e risvegliato dal suono della voce di Arthur che lo
accompagnerà, metterà in gioco tutta la scaltrezza e la
freddezza in suo possesso per affrontare l’incarico più
pericoloso della sua vita.
Si
tratta di un “Legal Thriller” classico, dalla trama magari non
troppo originale, con un finale forse eccessivamente da “arrivano i
nostri”, ma solido e ben costruito. Affronta un tema scomodo e
politicamente scorretto come i crimini ambientali e la corruzione, ed
è sorretto da un cast di attori dotati di carisma ed
esperienza, capace di regalare una interpretazione complessiva di
alto livello.
Il
redento e disperato Tom Wilkinson, il cinico e sordo Sidney Pollack,
la spietata Tilda Swinton, portano in scena lo zoo umano che ci
circonda, e lo fanno in maniera forte e credibile.
Su
tutti comunque George Clooney ormai da tempo “non solo sex simbol”
per le platee femminili, ma oramai affermato protagonista del cinema
mondiale per le sue qualità di attore e di regista.
Il
piano sequenza di cui è protagonista e sul quale scorrono i
titoli di coda è un esempio della maturità artistica
raggiunta. In quei lunghi secondi i pensieri e le emozioni di un uomo
che in pochi giorni ha stravolto il corso della sua vita e degli
eventi che lo hanno coinvolto ritrovando se stesso, trapassano lo
schermo per raggiungere chi è seduto in poltrona.
Michael
Clayton è uno dei tanti personaggi che animano il teatro della
nostra umanità contemporanea, un uomo che ha messo alle sue
spalle gli scrupoli di una coscienza sopraffatta dal bisogno di
denaro. La vita con le sue scelte sbagliate, ti può condurre a
situazioni dove agire in base al proprio senso di giustizia diventa
un lusso non consentito o un peso troppo faticoso e impegnativo da
sostenere. Ci si trasforma così in esseri ciechi e sordi che
marciano senza sosta e esitazioni, lo sguardo rivolto solo in avanti,
verso quella strada che ci conduca al profitto maggiore, azzerando
gli spazi da dedicare alla riflessione e al confronto con la propria
immagine riflessa allo specchio.
Ma
per tutti prima o poi arriva un momento in cui sopraggiunge “una
Chiamata”. Essa non ha colore e non ha sapore e spesso nemmeno un
nome. A volte assume i contorni di un evento improvviso, in altre le
sembianze di una voce interiore che può sussurrare o urlare il
suo messaggio. E’ comunque un qualcosa che ti scuote e ti blocca al
contempo, un istante in cui si è obbligati a riflettere su chi
si è e su cosa si è costruito: è quello il
momento per cogliere al volo la possibilità di dare un nuovo
corso alla propria esistenza, perché per quanto si possa
divenire insensibili, la malvagità che ci circonda è
sempre in grado di oltrepassare ogni barriera eretta al nostro
interno. Una voce arriva ma occorre saperla ascoltare ed essere
ancora provvisti di una porzione di umanità in grado di
decifrarla.
I
più rimangono immobili.
Aldilà
del contesto cinematografico, è questo il messaggio che si
legge tra le sequenze del lavoro di Gilroy.
Ma
anche qua tutto è come sempre relativo perchè per
alcuni potrà apparire come retorico, per altri come un
richiamo alla speranza e alla coscienza degli uomini.
Il
film è stato presentato all’ultimo “Festival di
Venezia”riscuotendo il consenso della critica presente, e il
successo di pubblico in Italia dopo alcuni giorni dalla sua uscita
sembra confermarlo.
Quanti
di questi spettatori, oltrepassando il richiamo del thriller e il
fascino del protagonista, saranno raggiunti in un senso o in un
altro?
George
Clooney, “l’Ibrido”
Non
è raro incontrare attori che sono rimasti prigionieri del
personaggio che li ha lanciati verso il successo. E’ una sorta di
effetto collaterale originato dalla grande popolarità,
soprattutto se questa investe un artista in maniera improvvisa,
quando non ha ancora maturato l’esperienza necessaria per
amministrarla, o non dispone di un talento sufficiente per affrontare
al momento giusto nuove esperienze.
George
Clooney non è caduto in questa trappola: il grande successo
che s’innescò quando nel 1994 debuttò nei panni del
Dott.
Ross
in “E.R.
Medici in prima linea”
, fu il trampolino per una carriera che lo eleva ad oggi tra le
figure più importanti del panorama cinematografico mondiale.
Clooney
è un personaggio nel senso più completo del termine. Ha
saputo nel tempo fondere con sapienza intelligenza e provocazione,
sfuggendo ai canoni della banalità.
Ama
definirsi : “ Io sono un ibrido e riesco a vivere in entrambe le
dimensioni”, con riferimento alla facilità con cui alterna
sempre più convincenti prove da attore, ad altrettanto
importanti performance da regista.

E’
un interprete poliedrico, prerogativa che gli ha consentito di
interpretare ruoli in commedie sentimentali come “Un
giorno per caso” ( 1996 accanto a Michelle Pfeiffer),
in film d’azione come “The
Peacemaker”( 1997 insieme
a
Nicole Kidmann),
in lavori bellici come “La
sottile linea rossa” (1998)
e drammatici come “La
tempesta perfetta”(2000).
Il
sodalizio con il regista Soderbergh
produrrà il poliziesco rosa “Out
of Sight”( 1998 con Jennifer Lopez),
il
remake del film di fantascienza “Solaris”
( 2002)
), ma soprattutto la serie di grande successo dei rapinatori di
“Ocean”.
Sotto
la guida dei fratelli Coen
interpreta nel 2000 “
Fratello dove sei ?”,
che gli consentirà la conquista del Golden Globe come miglior
attore, e nel 2003 una commedia assai meno convincente quale “
Prima ti sposo e poi ti rovino”,
al fianco di Julia Roberts.
Negli
anni le interpretazioni di spessore hanno soppiantato le meno
efficaci della primissima porzione di carriera, fino alla recente
consacrazione raggiunta con l’oscar come attore non protagonista
per “Syriana”(
2006) di
Stephen Gaghan : un film duro e difficile sull’intricato groviglio
delle lobby del petrolio connesse al potere politico e militare, dove
Clooney porta sullo schermo il volto di un agente della CIA.
Nelle
vesti di regista lo vediamo nel 2003 in “
Confessione di una mente pericolosa”,
dove dirige Sam Rockwell nei panni di un conduttore televisivo
killer, spia per conto del governo USA, e nel 2005 in “
Good night and good luck”,
quando attraverso gli occhi del giornalista tv Ed Murrow fa rivivere
l’epoca della caccia alle streghe comuniste ingaggiata dal senatore
McCarthy.
Un
lavoro questo di ancora maggior qualità che gli consentirà
le nomination a Oscar e Golden Globe.
Elegante
e raffinato, ha collezionato una lunga serie di chiacchierate storie
sentimentali, rendendo omaggio al titolo di uomo più sexy del
pianeta, di cui si è fregiato sin dai tempi in cui vestiva i
panni del pediatra dongiovanni di E.R.
Per
contrasto a scelto di vivere lontano dal cuore della chiassosa e
chiacchierata Hollywood, in un luogo riservato e silenzioso quale
Laglio, sul Lago di Como.
Dalle
prime esperienze in serial televisivi del 1978, alla carriera
sportiva nel baseball interrotta sul nascere da un infortunio, alla
consacrazione prima sul piccolo e poi sul grande schermo, Clooney si
è distinto per personalità e coraggio.
L’attore
nato il 6
Maggio 1961, a Lexington nel Kentucky, USA, è divenuto oggi un
esponente di primo piano di quel cinema che vuole essere molto più
che semplice intrattenimento. Antimilitarista convinto e solido
oppositore della politica del governo Bush, si impegna a condurre il
filo di un discorso da indirizzare soprattutto ai giovani, per
aiutarli a conoscere ciò che devono sapere per conquistarsi un
futuro migliore. La libertà di pensiero, di stampa ed
espressione, è uno dei fondamenti di una democrazia sana e
libera, e in quanto figlio di un giornalista, ha dedicato lavori ed
interventi al sostegno di questa causa. Quanto è accaduto
negli ultimi anni della storia del suo paese, rappresenta per Clooney
un reato gravissimo proprio in questa direzione: inaccettabile che un
governo distorca informazioni e notizie per soggiogare il pensiero di
un popolo fino al punto di indurlo a ritenere giusta una guerra
inutile. Atteggiamento, neanche a dirlo, che ha contribuito ad
inserirlo tra i primi posti della lista nera che il governo ha
stilato nei confronti di tutti quegli esponenti della cultura e dello
spettacolo che lo contrastano apertamente.
Anche
questo, ne siamo certi, è un fregio che lo onora e che lo
condurrà nel suo futuro prossimo, a nuove e importanti
performance.