Umanità
imperfette raccontate con ironia e leggerezza
Non
Pensarci – voto : 6.5
Gianni
Zanasi, regista 42enne nato a Vignola ( Modena ), torna a dirigere un
lungo metraggio dopo oltre 8 anni ( “ A domani “ del 1999 il suo
ultimo lavoro ). Una pausa figlia di un cinema italiano dove per
lavorare è ancora troppo importante conoscere i giusti
contatti, e dove chi opta per strade alternative rischia di restare
ai margini. Nell’opera che segna il ritorno, Zanasi sceglie una
vicenda ambientata in quella provincia italiana che da tempo ha visto
dissolversi la sua aurea di isola felice. Egli ha più volte
dichiarato come un film di qualità non debba forzatamente
contenere un messaggio, ma possa diventare un semplice strumento per
raccontare delle storie. Il suo “ Non pensarci “ è su
questa linea, anche se non mancano i contenuti per spunti di
riflessione.
Stefano
( Valerio Mastrandrea ), è un musicista rock punk 35enne, che
nella Roma dalle mille opportunità non è ancora
riuscito a sfondare. Sbarca il lunario con concerti e incisioni
minori e quando alla già lunga serie di delusioni artistiche,
somma il tradimento della sua ragazza con un altro musicista, decide
che è il momento di tornare a casa per staccare la spina e
cambiare aria. Dopo 4 anni si ripresenta nella natia Rimini, dove la
famiglia Nardini ha una bella casa e una azienda che da decenni
produce ciliegie sciroppate. Le speranze di riparare in un porto
tranquillo, svaniscono al cospetto del braciere rovente di problemi e
frustrazioni che arde sotto la cenere della tranquilla routine
familiare.
Un
intreccio di problemi sentimentali, esistenziali, finanziari,
coinvolgono il fratello Alberto ( Giuseppe Battiston ), la sorella
Michela ( Anita Caprioli ), il papà Walter ( Teco Celio ) e la
mamma ( Gisella Burnato ).
Stefano
dovrà affrontarli suo malgrado per non assistere inerme alla
distruzione della famiglia, rendendosi a sua volta responsabile di
imbarazzanti gaffe, figlie come il resto del male che accomuna tutti:
la superficialità.
Zanasi
dirige i suoi attori impegnandosi con successo nel conservare una
estrema leggerezza nel racconto. Nei dialoghi come nelle
interpretazioni prevale la ferma intenzione a non scivolare nel
drammatico, ed il risultato finale è di una commedia agro
dolce e fresca, dove il divertimento frutto di una sottile e pungente
ironia, conserva il retrogusto amaro di umanità che si
mostrano distanti e sconosciute pur vivendo sotto lo stesso tetto.
Il
regista punta il dito sulle imperfezioni della famiglia e dei suoi
membri, descrivendone il momento difficile anche nelle realtà
provinciali. Il cast si mostra credibile e affiatato, anche se gli
accenti di tutti distano molti chilometri dalla Romagna. Un peccato
veniale compensato dalla bravura degli attori che Zanasi ha voluto
attorno a se. Su tutti quel Valerio Mastrandrea che in questi ruoli
malinconici e perdenti, ma animati da una irresistibile capacità
di saper sorridere di se stessi e della vita, trova la via per
interpretazioni convincenti e godibili.
Il suo
ritorno a casa ha l’effetto di una scintilla in una stanza satura
di gas di cui tutti ignorano l’odore. L’affetto dei familiari
porterà con se un carico di rivelazioni eccessivo e gravoso,
ma si rivelerà una tappa fondamentale del suo percorso di
crescita.
Famiglia
in difficoltà, provincia non più paradiso, ma se è
vero che non esistono più zone franche e l’infelicità
ha rotto qualsiasi argine penetrando in ogni territorio, per
riappropriarsi del filo della propria esistenza è spesso
necessario riavvolgere la matassa dal principio.
E da
lì, ricominciare.