POTICHE
di Enrico Gatti
Regia François Ozon
Francia, 2010
Voto 8
Arriva nelle sale italiane Potiche, il nuovo film di François Ozon. Tratto dalla pièce teatrale di Barillet e Grèdy, il film ci riporta indietro nel tempo. Sono gli anni ’70 e la storia è quella di Suzanne, una donna in cerca di emancipazione che rifiuta il ruolo di bella statuina impostogli dal marito e dalla società.
Il volto di Suzanne è quello di Catrine Deneuve che già nel 2002 aveva collaborato col regista per il film 8 donne e un mistero. Come quest’ultimo anche Potiche è una commedia al limite dell’assurdo in cui i protagonisti diventano le caricature di loro stessi: c’è il marito tanto perfido quanto incapace, c’è la segretaria arrapata, c’è il deputato comunista non ch’è vecchio amante dal cuore tenero (un gigantesco Depardieu) ; insomma una completa gamma di figure pericolosamente banali ognuno col proprio ruolo da interpretare alla lettera. Ma è proprio qui che emerge il talento di Ozòn, il quale riesce a cucire attorno ai personaggi una cornice posticcia e finemente studiata in grado di sbalzare in una dimensione surreale tutta la storia. Con questa operazione è in grado poi di inserire col massimo del risultato tutti quegli elementi che rendono irresistibili le sue commedie. In un mondo che non ha senso ci si diverte perchè nulla è troppo assurdo, neanche quando si rischia un incesto, quando non si capisce mai chi è il figlio di chi o chi ama chi (con ripensamenti bilaterali di genere), o quando la volgarità è sorprendentemente spontanea e fuori luogo, ma elegantemente pronunciata. E come non citare una delle scene più ozoniane, proprio in apertura, che vede una Deneuve in tuta rossa e bigodini impegnata in un memorabile jogging campestre.
Con queste premesse non è difficile immaginare la difficoltà per un film come questo, di potersi avvicinare alla satira e alla critica sociale. Le lotte ideologiche tra padrone e lavoratore ad esempio appaiono lontane e grottesche, utili nel film solo a contestualizzare la vicenda. La scelta stessa di spostare la vicenda, ad un certo punto del film, fuori dalla fabbrica risulta piuttosto forzata. La corsa alla vittoria per le elezioni porta in primo piano la politica (semplice cornice fino a quel momento) che però non ha solidi legami con la storia alla pari del contesto precedente. L’intento politico rimane dunque assolutamente fuori dalla portata del film, pur sempre godibile ma senza pretese.
Riuscita a pieno è invece la trasformazione di Suzanne, da bella statuina a femme fatale. La perfezione, e la perfidia, del cambiamento risiede nel fatto che nulla in realtà cambia, nulla tranne il nostro modo di vedere le cose. In questo gli uomini del film si fanno ingannare, e noi con loro; vittime di illusioni, che nascondono la verità, e di una Suzanne che compie così la sua ‘vendetta a priori’ ancor prima di subire il torto. Semplicemente geniale.
Le premesse ci sono tutte, 103’ di puro humor targato Ozon e bravissimi attori per un film che non teme nulla, nemmeno di finire con le parole ‘E’ bella la vita’.