Moore
attacca il sistema sanitario USA
Michael
Moore è tornato a colpire con forza come è nel suo
stile. Uno stile che i suoi detrattori descrivono come rude, quasi
brutale, privo di eleganza, politicamente scorretto.
Moore
non solo se ne infischia, ma trasforma in vanto l’essere divenuto
negli anni uno degli uomini più detestati e indesiderati dai
politici e lobbisti americani.
Lui,
che da sempre si definisce fiero di essere americano, da mostra del
suo patriottismo combattendo la falsità e la menzogna che
regna tra le stanze del governo stelle e strisce ed è oggi il
più pungente narratore delle tante scomode verità che
il popolo d’America non deve conoscere. Ha scelto da tempo di
schierarsi con gli oppressi, al fianco dei tanti milioni di uomini e
donne statunitensi minati dalle fragilità della vita. Una
moltitudine che invece di essere tutelata e difesa dal proprio
governo, ne è divenuta uno strumento da manipolare e a volte
una vittima sacrificale. L’immagine che ne esce del paese è
degradante e avvilente. Una nazione dove il potere politico ed
economico si è alleato nel nome di un unico ideale, il denaro,
e sul suo altare ha condizionato la vita ed il futuro di intere
generazioni.
Il
bersaglio scelto è in questa occasione l’apparato sanitario
degli USA, con le sue contraddizioni e le sue inefficienze. L’ultima
classifica stilata dalla Organizzazione Mondiale della Sanità,
sulla qualità complessiva dei sistemi sanitari, vede gli Stati
Uniti al 37° posto, dietro alla Slovenia; classifica guidata
dalla Francia che precede l’Italia al secondo posto. Negli Usa vi
sono 50 milioni di persone incapaci di sostenere le spese per una
assistenza sanitaria e 250 milioni di cittadini con si una
assicurazione medica, ma che devono provvedere di tasca propria a
parte o gran parte delle spese per cure e farmaci.
Il
diritto alle migliori cure possibili, senza discriminanti di alcuna
natura, è un fondamento sancito dai diritti umani, un pilastro
della struttura sociale per ogni democrazia che intenda chiamarsi
tale.
Moore
riduce questa colonna ad un ammasso di polverose macerie. La sanità
pubblica viene massacrata dal suo documento: una rassegna di storie,
testimonianze, dati, numeri, che fondono il giornalismo d’inchiesta
con la toccante umanità dei suoi “attori”, protagonisti
loro malgrado di una trama dolorosamente reale.
Il
lungo elenco delle malattie di norma non incluse dalla copertura
finanziaria delle compagnie assicurative mediche, ci fornisce in
apertura un assaggio di quello che sarà il piatto forte del
menù propostoci dal regista di Flint ( Michigan, USA):
l’intenzionale malafede, frutto di una meticolosa politica
manageriale, indirizzata ad abbattere i costi risparmiando sulle cure
da fornire agli assicurati. Un sistema marcio fino al midollo, dove
lo sprezzo verso il Giuramento di Ippocrate da parte dei medici,
raggiunge il suo apice con la confessione di un ex funzionario di una
compagnia assicurativa dinanzi ad una commissione d’inchiesta
federale. In questa fase viene ammessa come intenzionale la politica
di fondo dell’intero sistema, che è mirata ad elargire il
minor numero possibile di prestazioni mediche, cercando ogni via,
anche non legale, per ridurre al minimo i costi per le cure. Vengono
assegnati sostanziosi premi a dottori e specialisti in grado di
sfruttare abilità e conoscenze mediche al fine di scovare un
cavillo su cui appoggiare le motivazioni per il rifiuto della
copertura ai pazienti.
Significativa
la testimonianza di una giovane ex impiegata in una delle maggiori
compagnie: in lacrime confessa il suo dolore provato dinanzi ad una
giovane coppia di sposi entusiasti per aver appena sottoscritto una
polizza. I suoi nuovi clienti finalmente sollevati per la conquista
di un passo fondamentale per la serenità di una famiglia,
erano ignari di come qualsiasi loro futura richiesta sarebbe stata
respinta. “Erano cosi felici, ma io morivo dentro perché
sapevo, avrei voluto dirgli tutto, ma non potevo parlare”, racconta
la giovane a Moore. Uno stress emotivo continuo che la indurrà
a lasciare il lavoro.
Un
vero pugno nello stomaco dello spettatore, anticipato e seguito da
una serie di racconti e testimonianze di uomini e donne, esempi di
dolore e drammi, la cui umana sofferenza veniva annichilita dalla
gelida burocrazia di un sistema cinico e indifferente.
Si
assiste a genitori ultra cinquantenni che a causa delle malattie e
dei costi per le cure, hanno perduto lavoro e casa e sono costretti
senza guarigione ad emigrare per vivere nel garage dell’abitazione
di una loro figlia.
Si
ascolta il tragico racconto di una moglie costretta ad assistere
impotente alla morte del marito ( di colore ), le cui cure per il suo
cancro ai reni vengono rifiutate per clausole buie e sospette
racchiuse nella polizza.
Ci
si commuove dinanzi ad una mamma disperata per la fine della propria
bimba ( sempre di colore ), che pur in preda a convulsioni e febbre
alta, viene rifiutata dal pronto soccorso più vicino perché
sprovvista di assicurazione adeguata. Il trasferimento ad altro
ospedale e il ritardo nelle cure sarà decisivo nella causa di
morte.
Surreale
la storia di un operaio che con due dita tranciate sul lavoro, deve
scegliere quale riattaccare in funzione dei costi dell’intervento.
L’obbiettivo
di Moore si sposta nel vicino Canada e oltre oceano in Inghilterra e
Francia, per osservare cosa accade in paesi con assistenza sanitaria
in maggioranza o totalmente pubblica. E’ una via per combattere
l’opera demonizzatrice verso un sistema a sanità pubblica
che il Governo Americano attua verso i suoi cittadini. Uno strumento
che il regista non esita a definire volontario con il preciso intento
di spegnere il desiderio di riforma tra la gente e per conservare gli
interessi di cui beneficiano pochi uomini influenti dalla connivenza
tra le lobby assicurative, le aziende farmaceutiche e il potere
politico. Riforme che nel recente passato aveva tentato d’introdurre
Hilary Clinton ai tempi del primo mandato da Presidente del marito:
progetto abbandonato per il muro erettogli ad ogni livello
istituzionale.
La
fotografia scattata in Europa è dedicata essenzialmente ad un
pubblico americano: il disincanto e lo stupore degni da “alice nel
paese delle meraviglie” con cui esalta i lati positivi dei sistemi
sanitari nei paesi anglo-francesi, sembrano eccessivi agli occhi
smaliziati di noi europei, consapevoli di come il termine “sanità
pubblica”non sia sinonimo di realtà immune da pecche e
disfunzioni.
L’ultima
porzione del documentario contiene quella che è senza dubbio
la provocazione più geniale. Moore decide di radunare alcuni
dei “suoi attori protagonisti” unendo a loro diversi volontari
dell’11 settembre, eroi precocemente dimenticati e afflitti da
patologie croniche contratte in quei giorni tra le polveri di Ground
Zero e non assistite dal governo. Decide di condurli via mare a
Guantanamo dove i prigionieri per reati di terrorismo beneficiano di
una assistenza medica negata a molti semplici cittadini d’America.
Ovviamente l’ingresso al carcere gli sarà vietato e
proseguirà per Cuba dove l’intera sua imbarcazione di
“passeggeri pazienti” verrà accolta, riceverà cure
e assistenza gratuite, calore umano e le attenzioni di medici
semplici ma sinceramente interessati.
Un
altro passaggio chiave dell’attacco al sistema America e al cinismo
prevaricante sulla vita umana.
In
conclusione un ultimo dato: la tanto bistrattata, demonizzata,
attaccata Cuba, da decenni riferimento negativo e spauracchio per
tanti americani, ha una mortalità infantile inferiore a quella
degli Stati Uniti.
Il
cinema di Michael Moore
Michael
Moore nasce a Flint, nello stato del Michigan, il 23 aprile del 1954.
Studia giornalismo e frequenta la Davison
High School del Michigan e la University of Michigan. A soli 22 anni
fonda il Flint Voice, un quotidiano locale che gli fornirà
notevoli soddisfazioni per circa un decennio e attraverso il quale
manifesta già quella che sarà la sua strada: raccontare
i fatti senza timori e accostarsi ai problemi della gente comune. Non
seguirà il destino dei suoi genitori e di altri suoi parenti,
impiegati alla General Motors, ma ironia della sorte, sarà
proprio il colosso automobilistico l’oggetto del suo primo film
documentario di grande successo: “Roger & Me”( 1989). In
questo lavoro Moore decide di affondare la lama attraverso
un’inchiesta sui retroscena che infangano il capitalismo americano,
all’indomani della decisione da parte della General Motors di
chiudere 11 stabilimenti a Flint, nella sua città natale, con
il successivo licenziamento di oltre 30000 operai.
In
questo film Michael Moore cerca (inutilmente) di parlare con Roger B.
Smith, presidente (dal 1981) della suddetta casa automobilista, per
farsi spiegare il motivo della chiusura improvvisa delle fabbriche.
Il documentario ha un successo tale da essere uno dei più
visti al mondo, vincendo un Peace Film Award al Festival di Berlino.
Nel
2002 conquista l’Oscar come Miglior Film Documentario con “Bowling
a Colombine”. Indagine sconvolgente che prende lo spunto dalla
strage nel college di Colombine e che si scaglia contro le lobby
dell’industria delle armi. Un lavoro profondo, penetrante, molto
ben fatto, che pone in rilievo l’assoluta disinvoltura con cui ogni
cittadino e ragazzo d’America è in grado di procurarsi un
arma, in una società che per soddisfare i facili guadagni di
potenti imprenditori, mette a repentaglio le vite dei suoi membri
grazie alla licenza di uccidere estesa a tutti dal suo governo. Sale
agli onori della cronaca mondiale il vibrante discorso con il quale
Moore si scaglia contro il Presidente Bush in occasione della
cerimonia di consegna degli Oscar Hollywoodiani : «Ci piace la
non-finzione e viviamo in tempi fittizi. Viviamo in un'epoca dove ci
sono elezioni fittizie per eleggere un presidente fittizio. Viviamo
in un'epoca dove c'è un uomo che ci manda in guerra per
ragioni fittizie. […] Noi siamo contro questa guerra, signor Bush.
Si vergogni, signor Bush, si vergogni!».
Un
attacco ancora più diretto e veemente contro la politica del
presidente George W. Bush, è contenuta in Fahrenheit 9/11
(2004). Sulla tragedia dell’11 settembre Moore fa calare una serie
di ombre angoscianti, mettendo in rilievo pesanti leggerezze e
responsabilità del governo in ambito di politica di sicurezza
nazionale ma non solo. Il regista di Flint va ancora oltre, accusando
il presidente e tutto il suo entourage di aver sostenuto un opera di
coercizione mediatica, attraverso la divulgazione di false
informazioni, per indurre l’opinione pubblica a ritenere
inevitabile l’attacco verso l’Iraq. Il tutto per ottenere da un
lato il consenso del popolo, dall’altro quello delle lobby
dell’industria della guerra e del petrolio che con quel conflitto
si sarebbero arricchite. Il progetto è rischioso per la natura
dei bersagli che intende colpire e le polemiche che ne scaturiranno
proseguiranno per mesi dopo l’uscita del film . La Walt Disney
inizialmente coinvolta nella sua realizzazione, opterà per un
ritiro in un secondo tempo. Nonostante tutto Michael non si fermerà
dinanzi alla mole degli avversari e il successo planetario sarà
immenso. Anche in questo caso la qualità del prodotto
confezionato gli consentirà la conquista di un altro
prestigioso riconoscimento quale la Palma D’Oro a Cannes.
Immancabile
il commento dopo la vittoria:
“Il
male della società? Che domande: la politica di George W.
Bush!”
Il
2007 è l’anno di SiCKO, ed è il momento di colpire la
malsana struttura della sanità Statunitense.
Le
polemiche e le ostruzioni sono iniziate appena si è diffusa
l’indiscrezione sull’inizio del suo lavoro. Le maggiori aziende
farmaceutiche e compagnie assicurative sanitarie, hanno diramato un
avviso ai loro funzionari e dipendenti di non farsi avvicinare da
Moore pena gravi conseguenze disciplinari.
Nel
corso delle interviste rilasciate al Festival di Venezia alla
presentazione del suo film ha dichiarato:
"In
Italia esiste il diritto a
chiedere e ricevere cure sanitarie se si è malati e il
servizio sanitario esiste indipendentemente dal colore del governo. È
anche vero che per alcuni anni avete avuto un governo di centrodestra
e un presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, che ammirava
l'America e voleva imitarla. Così ha cercato di tagliare la
rete di sicurezza sociale e ridotto le risorse per il sistema
sanitario. Così il nuovo governo deve ripulire il casino che
Berlusconi si è lasciato alle spalle. Tuttavia in Italia
almeno un sistema sanitario ce l'avete, negli Stati Uniti non abbiamo
nemmeno quello".
Moore
ha ricordato che se le liste d'attesa americane
sono più brevi
di quelle italiane, "questo è dovuto al fatto che noi
cancelliamo da quelle liste 50 milioni di persone che non hanno il
denaro per pagarsi l'assistenza sanitaria. In questi ultimi anni
inoltre tantissime persone hanno perso anche la loro casa quando non
avevamo più risorse per pagare le spese ospedaliere. Trovatemi
un solo italiano - ha sottolineato il regista - che ha perso la sua
casa per curarsi.