SIDEWAYS – voto 7,5
Una storia bellissima, un film delicato, divertente e malinconico.
Alexander Payne è lo stesso regista di “A proposito di
Schmidt” e come allora ha saputo dirigere un lavoro capace di
farti sorridere pienamente, senza mai lasciar spegnere gli altri
sensi e conservando quella continua nota di malinconia che spesso
tinge la vita delle storie umane.
Jack è un ex attore di soap, con alle spalle un discreto
successo di pubblico. E’ alla vigilia del suo matrimonio. Miles è
il suo migliore amico e decide di regalargli per l’occasione, un
addio al celibato piuttosto speciale: un viaggio di una settimana
attraverso i vigneti della California per immergersi nell’atmosfera
alcolica e calda dei suoi vini. Il clima allegro e canzonatorio che
domina l’inizio della vacanza è destinato a far spazio dopo
breve tempo alla immensa paura di vivere che entrambi nascondono con
alterni risultati. Miles è uno scrittore fallito, che ha
collezionato una serie d’insuccessi a ripetizione e a due anni di
distanza, non è ancora riuscito a farsi una ragione del
proprio matrimonio concluso con un divorzio che ancora sanguina. La
sua natura molto trasparente, lo rende spesso vittima di una
malinconia che non nasconde al prossimo e questo regalo all’amico,
appare tanto come un modo di reagire al momento difficile. Jack dal
canto suo, riesce con il suo carattere roboante a mascherare meglio
l’insicurezza per il passo che sta per compiere, ma il desiderio di
avventure sessuali con cui decide d’interpretare questo viaggio la
dice lunga sulla sincerità dei suoi propositi nuziali. Il
destino molto spesso regala gli incontri che desiderati o meno, sanno
donarti quello che cerchi, così questa strana coppia tanto
diversa ma affiatata, finisce per incrociare tra un bicchiere e
l’altro qualcosa di speciale. Hanno il nome di Stephania e Maya. La
prima è la sessualmente spregiudicata compagna di letto che
Jack sognava di catturare, la seconda una dolce e sensibile bella
ragazza, anch’essa innamorata dei frutti del divin Bacco, che
rappresenta per Miles la prima vera possibilità per guardare
avanti. Anche Maya sta cercando qualcosa dalla vita che non sia
banale e qualcuno con cui condividerlo, e la dolce compagnia del
sensibile Miles, gli ha lasciato un segno. I giorni che scorrono
segnano un conto alla rovescia che inevitabile giunge al suo zero e
per i due amici scocca l’istante delle scelte. Jack si è
divertito e ha provato le emozioni trasgressive e libertine che
cercava, ma alla resa dei conti sceglie di sposarsi anche se molto
tristemente non ci è fornita con certezza la solidità
dei sentimenti che lo legano alla futura sposa. Un misto tra la
paura per la scomparsa di quel folto ammasso di certezze a lei legate
e il profondo imbarazzo di portare alla luce del sole il suo disagio
ad un passo dall’evento, gli impediscono di trovare il coraggio di
ascoltare solo la propria voce.
Anche Miles, pur con sfumature differenti sarà vittima
dello stesso male, della paura di rischiare e di ributtarsi nella
mischia dei sentimenti, del panico che ti coglie quando l’insicurezza
dei propri mezzi e la mancanza di fiducia nelle scelte prese portano
alla paralisi. La sua insicurezza causerà l’allontanamento
di Maya, ma il film termina con l’uomo che torna a lei, per
lasciarci nella speranza che qualcosa finalmente possa cambiare.
Bravi tutti, ma veramente tutti, dal regista, agli attori, a
chi ha curato la sceneggiatura che tra parentesi a vinto l’oscar
come la miglior non originale. Un film che veramente riesce a
divertirti per l’umanità e la spontaneità dei suoi
personaggi quando s’impegnano nelle loro disavventure e riesce a
toccarti nel profondo per la grande sensibilità che
manifestano. Dietro alla voglia e alla capacità di gioire alla
vita, si nasconde una grande paura nell’affrontarla, e maggiori
sono le aspettative che il nostro tempo pretende da noi, ancora più
impegnativa e carica d’incertezze sarà la nostra risposta
per assecondarle. Il fallimento diventa difficile da accettare ed
enorme sarà il coraggio necessario per ricominciare.
Il tutto condito dall’ambientazione splendida dei vigneti
californiani e dalla calda azione benefica dei vini che sciolgono le
asperità degli uomini, rendendo più semplice comunicare
e aprire il cuore al prossimo. Payne ci ha mostrato come “A
proposito di Schmidt” non fosse un caso e come anche senza mostri
sacri come Jack Nicholson, sia capace di costruire un ottimo lavoro.
Non ci sono qua star iper
affermate, ma il quartetto d’attori protagonista regala un
risultato di primissimo livello. Su tutti Paul Giamatti, Miles. Il
suo uomo è l’anima della storia. In lui s’identificano
tanti contemporanei. Le sue paure sono le nostre, la sua sensibilità
ci rende meno sicuri nelle cose che diamo per scontate. Impegnato in
tantissimi film con ruoli da non protagonista, trova finalmente la
consacrazione come un ottimo attore. Thomas Haden
Church e Sandra Oh sono Jack e Stephania. Non credo di aver
mai ricordato prima i loro visi, ma non saranno certamente al
debutto. La Oh è del quartetto la meno significativa, anche
per la leggerezza della sua figura femminile. Church è
esplosivo e brillante, una bella sorpresa, davvero. E’ la voglia di
vivere da cicala sognato da tanti di noi, che sfuma un pochino
ingloriosamente peccando di mancanza di solidità nel momento
delle scelte difficili. Virginia Madsen è Maya. Pur non
associandola ad un titolo nello specifico, è un viso che non
mi risulta nuovo. E’ uno splendido viso tra l’altro. Dolce e
forte rappresenta l’altra metà del cielo per Miles. Quella
porzione di volta celeste che tanti di noi sperano prima o poi
d’incontrare e che molto difficilmente riescono a conquistare,
anche perché per riuscirci, bisogna per prima cosa liberarci
dalle tante nuvole che impediscono al sole di risplendere. La
conclusione di Payne ci fornisce la speranza che per ognuno questo è
possibile, ma che nulla arriva per caso. Occorre sempre soffrire per
poter apprezzare la felicità. Questo non arriva da nessuna
porzione di questa o altra pellicola, ma dalle ferite non del tutto
cicatrizzate sulla mia pelle.