TUTTO TUTTO NIENTE NIENTE
di Enrico Gatti
Regia: Giulio Manfredonia
Italia, 2012
Voto: 8
“Ti presento, sua maestà … ù Pilu!”
Dopo 2 anni, e incassi da record al botteghino, torna al cinema Cetto La Qualunque, il politico calabrese più disonesto di sempre accompagnato per l’occasione da altri due personaggi: il fricchettone Frengo Stoppato ed il secessionista Rodolfo Favaretto.
L’ascesa questa volta non ha come obiettivo la carica di sindaco, bensì un posto in parlamento; e quale modo migliore di realizzarla, se non partendo dal carcere.
Dalla gattabuia al parlamento, dal parlamento alla fuga. Un viaggio attraverso un’Italia così vera, eppure così oltre i confini della realtà.
Svincolatosi finalmente dagli sketch televisivi, il personaggio di Albanese trova il modo di evolvere e diventare il protagonista di una vera storia. Le battute sono nuove, fresche, anche a chi conosce il personaggio, decisamente più coraggiose, e scorrette, del film precedente. Anche i due personaggi ‘extra’ che possono sembrare non-necessari dimostrano di essere invece, seppur nel loro apparire meno costruiti, un ottimo pretesto per trattare temi meno vicini al caro La Qualunque.
Cetto, Frengo, Favaretto, rispettivamente Politica, Religione, Razzismo. Tre personaggi per tre ombre della nostra cultura e del nostro modo di essere italiani.
Attuale sì, ma anche, fortunatamente, fuori dal tempo. Il film infatti, non essendo fatto solo di riferimenti palesi alla politica attuale, che pur non mancano, riesce a portare tutto ‘oltre’, in una dimensione atemporale, creando qualcosa che si speri invecchi più lentamente di altri film italiani contemporanei. Gran parte del merito va ‘senzadubbiamente’ alle scenografie; incredibili, eccessive, kitsch, e molto espressive, le ambientazioni, forza di questa pellicola, ignorano ogni regola del buon gusto, spingendosi fino al limite del sopportabile, per creare una cornice ricchissima e surreale da troppo tempo assente nel nostro cinema. La loro forza visionaria ricorda addirittura alcuni film degli anni settanta, resa solamente meno proletaria e più barocca (merito soprattutto della splendida fotografia).
Una bella prova dunque per Manfredonia e Albanese, che si confermano ad oggi la coppia vincente del cinema comico italiano (forse perché è l’unica). Bravi a superare le aspettative con un sequel che scansa nettamente il primo capitolo; più cinismo, più amarezza, più tensione, ma ancora troppo parco nelle volgarità per raggiungere la perfezione.
Quasi dimenticavo, il 30 e Lode ai costumi. De Santis, non puoi competere!
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