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Visti per Voi » Uomini che odiano le donne  

UOMINI CHE ODIANO LE DONNE - Voto: 6,5

Regia di Niels Arden Oplev

Danimarca, Svezia/ 2009/ 152’

UOMINI CHE ODIANO LE DONNE: donne come corpo da sfigurare, giudicare, violare  e brutalizzare. Donne come entità da annientare, involucro del peccato e banale oggetto di sadica perversione.

Le donne messe in scena da Oplev non sono altro che questo: frammenti di esistenza violati nella carne e nell’anima,  messi in scena in un universo passionale truculento e morboso.

Nella pellicola tratta dalla trilogia Millennium , a opera dello scrittore e giornalista Stieg Larsson,  non c’è spazio per donne deboli o semplicemente umane: l’uomo, riletto secondo i canoni di un genere assai lontano da quello umano, è brutale carnefice dell’altro sesso.

Il crudele scontro fra i due sessi prende scena fra  i giochi di potere e mistero della potente dinastia Vanger, la cui nobile storia è macchiata dalla oscura scomparsa di Harriet Vanger, sedicenne pupilla dell’ex patron delle industrie Vanger, il malato Henrik.

Nel 1966 la dolce Harriet svanisce nel nulla, lasciando sui membri della sua famiglia il sospetto dell’omicidio. Ormai giunto alla fine dei suoi giorni, l’anziano Henrik non sa darsi pace e decide, quarant’anni dopo, di intraprendere un ultimo disperato tentativo: assumere il giornalista Mikael Blomkvist per scoprire la verità sulla scomparsa dell’adorata nipote.

Blomkvist  in quei giorni, però,  è sotto i riflettori della stampa per uno scandalo giornalistico che lo vede coinvolto in prima persona e lo costringe alle dimissioni dal suo giornale, Millennium.  È così costretto a rimandare le indagini sul potente uomo d’affari che lo ha incastrato per dedicarsi pienamente al caso Vanger. Sotto pressione, non riesce  a ricomporre deduttivamente  il complesso quadro di indizi che gli si presenta nel tentativo di ricostruire le ultime ore di Harriet.

In suo aiuto arriva la cinica Lisbeth, il personaggio senz’altro più problematico della pellicola.

Nel tentativo di traduzione dal linguaggio romanzesco a quello audiovisivo,  Oplev osa a tal punto da travalicare i limiti di sopportazione dello spettatore: la caratterizzazione del personaggio di Lisbeth, soprattutto per coloro i quali hanno letto il romanzo,  è oltre modo carnale.

Il regista non lascia infatti spazio all’immaginazione, con scene di nudo e violenza capaci di saggiare le più recondite vie del voyeurismo più sfrenato dello spettatore  in sala.

Il respiro di colui che osserva quasi inorridito la spirale di violenza di cui è oggetto Lisbeth,   è come strappato via da una bestialità quasi artificiale, che stravolge le linee narrative e passionali del plot.

Lo spessore psicologico ricercato – e ahimè non trovato- in quello che  è un personaggio chiave nel romanzo di Larsson, si intreccia a una vertigine dei possibili senza logica, in cui inaspettatamente entra in scena l’amore.

Un amore stereotipatamente difficile, combattuto, respinto e privo di pathos. Forzato fino all’ultimo fotogramma, che non fa altro che distrarre  lo spettatore dal programma narrativo principale, lucidamente portato avanti da Blomkvist.

Un thriller non del tutto riuscito, con una fotografia molto al di sotto delle aspettative, compensato dalla bravura di Michael Nyqvist  (Blomkvist) e dall’originale sviluppo delle linee narrative operato da Larsson, prematuramente scomparso poco dopo aver consegnato al suo editore il manoscritto Millennium.

Entro la fine di settembre è prevista l’uscita della secondo episodio della trilogia:  LA RAGAZZA CHE GIOCAVA COL FUOCO. 

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