La
forza e l’ironia di una 16enne, per la liberta di scelta di ogni
donna
Juno
– voto : 7,5
La
storia che accompagna il progetto di “ Juno “ appartiene ad una
sorta di piccola fiaba moderna, cresciuta in seno al super
miliardario e cinico pianeta del cinema americano. Il film è
il risultato di una produzione ungaro-americo-canadese, un frutto del
cinema indipendente destinato a offuscare le major di Hollywood.
Agli
albori del suo cammino esce in una manciata di sale del Nord America,
ma il successo è tale, che la diffusione si propaga contagiosa
e velocissima, grazie soprattutto al passaparola via internet. Una
scalata inarrestabile che ha dell’incredibile, e che conduce “
Juno “ alla conquista di circa una quarantina di premi in tutto il
mondo ( tra questi il Festival del Cinema di Roma ), collezionando
ulteriori 25 nomination. Tra tutti comunque, il riconoscimento che ne
sancisce la definitiva consacrazione tra le pellicole dell’anno, è
l’Oscar per la miglior sceneggiatura originale, assegnatogli
all’ultimo gala hollywoodiano.

Il
grande pubblico si innamora di questo lavoro divertente, ironico,
pungente, e furbo. Una pellicola leggera ma intelligente, che non
cade nella trappola della banalità; un progetto costato solo 6
milioni di dollari, ma che ne ha già incassati ad oggi oltre
200. Un record che statistiche alla mano lo pone in cima alle
classifiche annuali d’incasso del cinema indipendente, e in testa
alle medesime degli ultimi 6 anni.
Un
successo che ha diversi artefici, dal tema delicato che affronta
quale è la maternità di una adolescente, alla
spregiudicatezza con cui viene raccontata e descritta dal regista
Jason Reitmann e dalla sceneggiatrice Diablo Cody, nonché
dalla straordinaria bravura della sua attrice protagonista, la 21enne
Ellen Page.

Juno
McGuff è una 16enne liceale sveglia, determinata,
intelligente, che scopre di essere incinta. L’ostinazione con la
quale ripete i test di gravidanza a colpi di “ ettolitri “ di
succhi di frutta, si arrende al terzo esito positivo. Spaventata
dalle improvvise conseguenze di un pomeriggio di noia sfociato in un
goffo rapporto tra adolescenti, ma senza lasciarsi prendere dal
panico, affronta la situazione con estrema lucidità scartando
a priori l’opzione di tenersi il bambino. Decide in un primo
momento di abortire, ma giunta fin sulla soglia del centro medico,
non ha il coraggio di andare oltre e di interrompere una vita “ già
munita di unghie “, che pulsa dentro di se. Consultando annunci su
di un quotidiano insieme all’amica del cuore ( Olivia Thirlby ),
sceglie una tra le tante giovani coppie che desiderano adottare un
bambino.
Affronta
la realtà a viso aperto e senza remore, mettendo al corrente
della sua condizione e della sua scelta sia papà Mac (
J.K.Simmons ) e la matrigna Bren ( Allison Janney ), così come
il padre del nascituro, l’impacciato e stralunato coetaneo Paulie (
Michael Cera ).
La
famiglia è aperta e anticonformista, e reagisce accettando la
situazione con preoccupazione ma senza drammi, appoggiando e
sostenendo i desideri della ragazza. Juno conoscerà la coppia
a cui sceglie di lasciare il bimbo in adozione, entrando più
volte in contatto con Vanessa (Jennifer Garner ) e Mark ( Jason
Batermann ). I mesi trascorrono, le stagioni si susseguono, e con il
lievitare del suo pancione, Juno compie un percorso di maturità
e consapevolezza, verso un finale non privo di sorprese.

Jason
Reitmann, 31enne canadese figlio d’arte di Ivan Reitmann ( regista
di “ Gosthbuster “), è al suo secondo lungo metraggio. Nel
2006 diresse con notevole successo la pungente commedia “ Thank You
for smoking “, viaggio tagliente e provocatorio tra le lobby del
tabacco. In un America dove il fumo è oramai vietato anche
negli spazi aperti, il suo protagonista promuoveva l’uso del
tabacco sostenuto dall’ipocrita politica dei grandi produttori di
sigarette, in un film apprezzato per il suo graffiante sarcasmo.
Jason,
cresciuto sotto l’ala protettrice di Robert Redford e pare
vezzeggiato ripetutamente da Spielberg, è sin da bambino
appassionato di cinema: a 10 anni gira il suo primo corto metraggio,
a 13 fronteggia la prima esperienza quale assistenza di regia. Egli
compie con “ Juno “ un ottimo lavoro, addentrandosi con
leggerezza in un tema gravoso e complicato. Dirige con arguzia un
onesto cast di attori, guidato da una giovane star di cui sentiremo
spesso parlare in futuro, la graziosa e brillante Ellen Page, ma
soprattutto a lui si deve il merito di aver pescato nell’oceano del
web quella che forse è la più luminosa sorpresa che
brilla dall’intero progetto: la sceneggiatrice Diablo Cody.

La
Cody ( nome d’arte di Brook Busey, nata a Chicago 29 anni fa ), ha
trascorsi quali spogliarellista e telefonista erotica, e da alcuni
anni è una blogger sul web. Un look provocante e sensuale,
cela una donna che rivela una conoscenza profonda dell’animo umano,
una consapevolezza maturata in professioni controverse e alternative.
La sua creatività si fonde ad una irriverenza dissacrante, in
grado di rendere un tema denso di trabocchetti retorici e scontati,
in una serie di penetranti circostanze esilaranti mai fini a se
stesse. Una sceneggiatura d’esordio spumeggiante e precisa che
sospesa tra sogni, ingenuità e vita reale, diverte senza
spegnere la riflessione.
Ellen
Page è perfetta e porta in scena una maternità
adolescenziale raccontata con gli occhi ed il cuore di una 16enne a
volte sfrontata, spesso sboccata, ma dolce e sensibile, capace di
leggere nel suo cuore e in quello altrui, con sincera lucidità.
Il suo vortice di stati d’animo in normale subbuglio per l’età,
viene accelerato all’estremo dalla scoperta di essere incinta, ma
riesce grazie al disincanto e alla spontaneità, ad attenuare
la naturale paura e sconcerto per una simile scoperta. Una giovane
donna che in pochi mesi è costretta a crescere in fretta, ma
che non rinuncia al suo diritto di restare adolescente, scegliendo
con libertà e autonomia.
La
Page sale sul palcoscenico all’età di cinque anni. Nel tempo
ha partecipato a diverse serie e film per la tv. Oggi è una
delle attrici che si propone come una delle nuove realtà del
cinema indipendente impegnato nel sociale.
“ Juno
“, utilizzando un vocabolario giovane e fresco, sdrammatizza
situazioni che spesso sfociano in drammi, riconducendo i fatti della
vita al loro ruolo: “ Vi sono scelte difficili che se affrontate
con apertura mentale, in un clima di libertà e dialogo, non
creano fratture o traumi, ma tornano ad essere tappe di un percorso “
ha dichiarato l’attrice stessa.

La
pellicola di Reitmann esalta il diritto alla libertà di scelta
per ogni donna, senza mai abbozzare a giudizi di carattere morale o
religioso. L’impronta integralmente laica, affida l’unico appello
alla vita contro l’aborto, ad una coetanea di Juno che solitaria
manifesta dinanzi al centro medico dove si eseguono le interruzioni
di gravidanza: un ipotetico scontro che si smorza in un incontro tra
2 sedicenni uguali tra loro, a cui la vita a riservato esperienze e
destini diversi, libere dalla presenza di un giusto o sbagliato, di
condotte pie o peccatrici.
La
serenità con cui famiglia, scuola e legislazione americana,
affrontano simili situazioni, rende il contesto quasi fiabesco ai
nostri occhi. Una sensazione che forse toglie realismo alla
pellicola, ma che deve indurci a profonde riflessioni in merito alla
siderale distanza che ci separa da quegli esempi di civiltà e
libertà.
Il
film è stato accompagnato in Italia da una scia di polemiche,
perchè divenuto strumento della campagna elettorale della
lista contro l’aborto di Giuliano Ferrara. Egli ha usato la
pellicola quale esempio di una donna che sceglie a favore della vita
del proprio bimbo non abortendo, per scagliarsi con forza contro la
legge 194 e commettere un macroscopico e intenzionale atto
strumentale. Il lavoro di Reitmann, che limpidamente si schiera a
favore di ogni libera scelta, finisce così per essere
ipocritamente sfruttato da chi vuole soffocare quella libertà,
privando ogni donna del libero arbitrio su di un tema tanto intimo e
personale. Una ennesima dimostrazione dello squallore perpetuo che si
dipinge nell’ambito della politica italiana, dove l’uso della
morale e del giudizio d’impronta cattolico, è di frequente
impiegato per fini elettorali o di propaganda. Una società che
avrebbe invece bisogno di una politica sinceramente laica, capace di
condurla a quella serie di riforme necessarie e indispensabili al
progresso civico del paese.
Una
storia fortissimamente femminile, colorata, animata, scossa,
dall’ironia, dal senso pratico e dalla sensibilità tipica
del femmineo, dove tra prove di saggezza, immaturità e sincero
amore, ogni figura maschile ritrova la propria collocazione in un
finale adatto ad ogni pubblico.
Un
epilogo che una porzione della critica ha giudicato furbescamente
studiato per conservatori e progressisti, ma che deve rinnovare in
ognuno la consapevolezza di quanto l’amore sia semplicità, e
come la sua essenza vada assaporata avendo a fianco chi ci fa sentire
bene, fuori da ogni regola o preconcetto.