A Bologna e nel mondo contro la violenza
alle donne.
Ermanno Bugamelli
Lo
scorso 25 novembre è stata celebrata la giornata mondiale contro la violenza
alle donne. Manifestazioni ed iniziative su questo tema, si sono tenute in
contemporanea mondiale in molte città.
In Italia,
Brescia è stata scelta come sede della manifestazione nazionale. Di contorno ma
solo relativamente, migliaia di persone hanno sfilato in altri centri urbani
quali Bologna, Milano, Torino, Napoli, Parma, e in altri ancora. Sono scese in
piazza decine di organizzazioni per la tutela dei diritti delle donne,
associazioni sindacali, partiti politici, enti locali. Una sola ed unica voce
per alzare i toni e richiamare le coscienze, in un momento dove sempre di più
le pagine di cronaca sono funestate di episodi che vedono la porzione femminile
vittima di ogni sopruso, senza dimenticare quanto estesa sia la frazione di
sommerso non denunciato.
Una giornata che ha goduto più del passato di
una campagna di promulgazione mediatica finalmente all’altezza della gravità
del problema.
La
manifestazione di Bologna ha visto il corteo radunarsi e partire da piazza XX
settembre. Alle 15, ora del previsto avvio della marcia, il numero dei
manifestanti non appariva rincuorante e decisamente scarso. Per fortuna, gli
oltre 40 minuti di ritardo hanno consentito di infoltire il loro numero prima
della sfilata, che percorrendo via Indipendenza ha raccolto ulteriori adesioni,
fino a raggiungere alcune migliaia di persone.
L’intero
pianeta donna impegnato nel sociale, nella politica, nel sindacato, era
presente. Associazioni di donne migranti e lesbiche, al fianco di esponenti
politici delle autorità regionali, provinciali e della città.
La
componente femminile, di ogni età ed etnia, è risultata in consistente
maggioranza numerica e questo non ha rappresentato un segnale confortante. Le
spille con raso bianco, distribuite ai soli “maschietti”dall’organizzazione, come
gesto per sollecitare una sensibilità ed un rispetto maggiore a chi è
l’artefice nel mondo della violenza sulla donna, non spiccavano per quantità.
Un
corteo colorato, festoso, chiassoso, accompagnato senza pause da musiche e
danze tribali che costituivano momenti di spettacolo estemporaneo, il tutto nella
pura tradizione delle manifestazioni di pacifica protesta. Un nutrito sevizio
d’ordine, forse eccessivo, è rimasto ozioso spettatore.
Giunto
al capolinea in piazza Nettuno, i manifestanti si sono raccolti attorno al
palco: un breve intervento di esponenti della “Rete delle donne di Bologna” ha
preceduto l’atto conclusivo della manifestazione, sancito da un concerto di
gruppi locali. Tra questi una simbolica esibizione del coro delle mondine di
Bentivoglio, ha portare il contributo di chi da decenni canta la protesta
femminile.
Con lo
slogan “La notte delle donne”, l’intera serata è stata costellata di iniziative
in vari punti della città. Proiezioni di video, mostre fotografiche, spettacoli
musicali, testimonianze di vittime di violenza, tutti ad esortare le donne a
non chiudersi nel silenzio, a lottare per conservare e riconquistare il diritto
a vivere in una città prive della schiavitù indotta dalla paura.
Serate
che hanno visto medesime occasioni d’incontro svolgersi anche nelle altre città
italiane coinvolte nella giornata di celebrazione. Tra tutte Milano, dove nel
piazzale antistante la Stazione Centrale, luogo simbolo di degrado e di
violenza urbane, lo spettacolo si è tenuto fino all’alba. Per una notte, questo
angolo di metropoli è stato riconquistato dalle donne e riconsegnato a tutta la
cittadinanza.
Un giorno
importante per una vera piaga nella società civile in ogni parte del mondo.
E’ dal
1999 che L’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), celebra il 25 novembre
come giornata internazionale per sensibilizzare l’opinione pubblica su questo
tema. In quel giorno del 1960, vennero violentate e uccise nella Repubblica Dominicana
le tre sorelle Mirabal e nel loro ricordo, questa data è divenuta appuntamento
di riflessione e denuncia verso un crimine sociale che rappresenta una vergogna
del nostro tempo. Le cifre statistiche della sola porzione conosciuta del
fenomeno sono impressionanti e sconvolgenti.
Secondo
i dati ISTAT relativi al periodo 1997-2002, presentati nel corso della giornata
che il 23 novembre il parlamento italiano ha dedicato al problema, 10 milioni
di donne in Italia tra i 14 e 59 anni sono state vittima di violenze, molestie
o ricatti sessuali.
Sono
circa 900mila coloro che hanno subito avance sessuali per essere assunte o per
ottenere un avanzamento in carriera.
Dalle
500mila denuncie che invece riguardano stupri o tentativi di violenza carnale
emerge un altro dato allucinante: solo il 5,3% degli abusi sessuali viene
commesso da estranei.
Ma le
donne non sono vittime solo di violenze: dall'ultima ricerca dell'Eures,
relativa al 2004, ("L'omicidio volontario in Italia") emerge che un
omicidio su quattro in Italia avviene in famiglia, tra le mura domestiche e che
il 70% delle vittime sono donne, soprattutto casalinghe oltre i 64 anni di eta'
e nella fascia 35-44 anni. In 8 casi su 10 l'autore e' un uomo.
Secondo
un rapporto di Sheila Henderson, presentato al Comitato per l'eguaglianza tra
donne e uomini presso il Consiglio d'Europa, almeno una donna su cinque subisce
nel corso della sua vita uno stupro o un tentativo di stupro; una su quattro fa
l'esperienza di essere maltrattata da un partner o ex partner; quasi tutte le
donne nel corso della loro vita si trovano a dover fronteggiare una o piu'
molestie di tipo sessuale: telefonate oscene, esibizionismi, molestie sul
lavoro e cosi' via.
In Europa la violenza domestica sarebbe la principale causa di morte e
invalidità per le donne di eta' compresa tra i 16 e i 44 anni (un'incidenza
maggiore di quella provocata da cancro e incidenti stradali).
E nel
mondo?
Secondo
il rapporto UNICEF 2000 quasi 130 milioni di donne in tutto il mondo vengono
sottoposte alla pratica della mutilazione genitale femminile e circa 60 milioni
sono sparite dalle statistiche demografiche perche' vittime delle loro stesse
famiglie, uccise deliberatamente o per negligenza, soltanto perche' di sesso
femminile.
In Asia e Medio Oriente le donne vengono uccise in nome dell'onore. Nell'Africa
occidentale le ragazze sono sottoposte a mutilazioni genitali femminili in nome
della tradizione. Nella regione meridionale dell'Africa le ragazze sono
stuprate e infettate con il virus dell'HIV/AIDS: e' infatti credenza che fare
sesso con una vergine guarisca dalla malattia. In India, e' vittima di violenze
il 70 per cento delle donne: ogni tre minuti una donna subisce abusi, ogni
ventinove una viene violentata, ogni settantasette una viene uccisa per non
aver soddisfatto i desideri del marito o di un parente. Nell'Europa occidentale
le donne migranti e rifugiate sono attaccate perche' non accettano le usanze
sociali della comunità che le ospita.
Il
quadro è angosciante. Alcuni passi avanti in ambito legislativo e normativo
sono stati mossi, ma il vero baratro da colmare è di carattere culturale. Deve
essere abbattuto quel muro ideologico che contribuisce a far crescere nei
ragazzi maschi quel senso di superiorità genetica verso l’altro sesso. E’
fondamentale che scuola e famiglia vengano aiutate nell’infondere con ogni
mezzo e sin dalla tenera età, il concetto di assoluta eguaglianza nei diritti e
nelle opportunità.
Le
cronache quotidiane di violenze di minori su coetanee nelle nostre scuole o
quartieri, ci espone senza dubbi quanto questo lavoro risulti difficoltoso ma
necessario.
Ai
politici il compito di liberarsi dello stesso male. Maggior spazio alla
porzione rosa, può contribuire ad “abituare” chiunque alla figura femminile con
ruoli di vertice, oltre che garantire una maggiore sensibilità all’intera
classe politica, rendendo giustizia sociale.
La
figura di madre di famiglia è in sempre maggiore difficoltà. Lo spazio che gli
rimane da dedicare ai figli è sempre più scadente in termini di quantità e
inevitabilmente di qualità. Il mondo del lavoro non ha riguardi in tal senso e
con un solo stipendio tanti nuclei familiari non arrivano alla fine del mese.
Servono
risposte forti per combattere la tratta delle donne destinate al traffico di
esseri umani. Donne come merce, ridotte a schiavitù per prostituzione e lavoro
nero.
Occorre
una modifica della legge Bossi-Fini, per consentire alle donne migranti di non
essere vincolate al permesso di soggiorno o al contratto di lavoro dei loro
mariti.
Credo
fortemente che una società con maggior peso femmineo possa contribuire ad un
mondo migliore, in ogni campo.
Chi ha
avuto dal patrimonio genetico il dono ed il compito di regalare la vita, non
può che averne una visione più complessiva e profonda. Al prossimo anno,
lavorando per cifre diverse e più nastri bianchi per strada a sfilare.