Il Sahara Occidentale è
un territorio vastissimo, arido ma ricco di risorse minerali e
lambito da un mare molto pescoso. Per lungo tempo le popolazioni
nomadi del territorio hanno ignorato i confini territoriali decisi a
tavolino dalle diplomazie europee durante la Conferenza di Berlino
del 1884/85. A partire dagli inizi del secolo scorso però
questi confini hanno cominciato ad avere un’importanza diversa,
confermata dalla stretta sorveglianza della polizia coloniale. Le
popolazioni nomadi di questa regione sono sempre appartenuta alla
tribù Saharawi, strutturata da secoli in modo autonomo, con
una propria cultura, una propria lingua ed un’organizzazione
sociale basata sull’uguaglianza. Prima dell’arrivo degli
spagnoli, a cui la spartizione territoriale aveva attribuito questo
territorio, le tribù erano quaranta, riunite in una
confederazione. Periodicamente i capi delle tribù si riunivano
(consiglio dei quaranta) per prendere decisioni inerenti gli
interessi della comunità. Nel 1965 l’Assemblea Generale
dell’Onu adotta la prima risoluzione sul Sahara Occidentale
chiedendo alla Spagna il suo ritiro dal territorio. L’Onu si
richiama al diritto all’autodeterminazione del popolo Saharawi. Il
primo nucleo nazionalista ha i suoi natali nel 1968, intorno alla
figura di Mohamed Bassiri che fonda il Movimento di Liberazione del
Sahara (MLS). Il movimento, nel 1970, dopo essere uscito dalla
clandestinità, diventa oggetto di una sanguinosa repressione
che lascia sul campo morti e feriti. Centinaia di persone vengono
arrestate, tra cui lo stesso Bassiri. Nel maggio del 1973, stanchi
della situazione, un gruppo di nazionalisti Saharawi, formato da
studenti e da militanti delle precedenti lotte anticoloniali,
costituisce il Fronte Polisario (Fronte di Liberazione di Saguiat -
Al - Hamra e Rio de Oro). A partire dal 1974, il Polisario pone
l’indipendenza come obiettivo fondamentale da raggiungere tramite
un duplice piano: quello militare e quello diplomatico. Il re del
Marocco Hassan II, per bloccare le iniziative di indipendenza del
popolo Saharawi, annuncia una marcia popolare di occupazione pacifica
di 350mila persone, in realtà una vera e propria invasione nel
territorio Saharawi con forze di polizia e militari. Agli inizi del
1976, nell’estremo sudovest dell’Algeria, arrivano i primi
profughi Saharawi scappati dopo che l’aviazione marocchina li aveva
bombardati con napalm, bombe a frammentazione e fosforo bianco.
L’Algeria è l’unica nazione confinante che non ha
rivendicazioni territoriali e sostiene il popolo saharawi per il
referendum. I primi campi profughi si istallano a Guelfa Zemmour,
Tifariti, Oumdreiga ed Amgala ed ospitano circa 200mila persone.
Tante cose sono successe
fino a quel momento, come la proclamazione da parte della Spagna di
un referendum popolare per permettere alla popolazione autoctona di
esercitare il diritto all’autodeterminazione. Proposito che viene
rinviato più volte anche se l’amministrazione coloniale
aveva già censito la popolazione individuando 74000 elettori
fra i Saharawi. Nel febbraio del 1976, il fronte ed il consiglio
nazionale saharawi proclamano la Repubblica Araba Saharawi
Democratica (RASD). Nel 1978 il Fronte Polisario proclama il cessate
il fuoco con la Mauritania e nel 1979 sigla con essa un accordo di
pace. Il Marocco, come risposta, raddoppia lo sforzo bellico e
continua a costruire muri nel deserto per respingere gli attacchi del
Polisario. Anche se il referendum sembra accettato dalle parti, la
situazione non volge a una soluzione. Per il Polisario quello è
l’unico strumento che possa risolvere la questione. Solo nel 1988
si apre uno spiraglio e viene annunciato il tanto agognato
referendum, basato sempre sul censimento effettuato dalla Spagna nel
1974. Il Consiglio di sicurezza dell’Onu, il 29 aprile 1991, con la
risoluzione 690, costituisce la Missione delle Nazioni Unite per
il referendum nel Sahara Occidentale (MINURSI). Nell’agosto di
quell’anno il Fronte Polisario e il Marocco accettano le proposte
del Segretario Generale dell’ONU Perez De Cuellar, che propone la
proclamazione del cessate il fuoco e l’organizzazione del
referendum. Il voto è fissato per il 26 gennaio del
1992. Ma purtroppo anche questa volta non se ne fa niente. Il
Marocco scatena un’imponente offensiva militare e le zone
controllate dal Fronte vengono messe sotto assedio. Molti i centri
abitati distrutti e tante le vittime tra i civili. Il Marocco voleva
inserire nel corpo elettorale migliaia di marocchini e quando la
tregua viene proclamata (6 settembre 1991), Rabat si rifiutò
di lasciare i territori occupati delle zone del Sahara Occidentale
controllate dal fronte Polisario. Nel dicembre dello stesso anno
succede qualcosa di imprevisto, il segretario Onu de Cuellar accetta
di modificare i criteri per selezionare gli aventi diritto al voto in
senso filo-marocchino, senza neanche consultare la controparte. Per
la prima volta un rapporto del Segretario Generale non viene
accettato dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Ormai il referendum
è stato rinviato a data da decidersi. L’8 settembre 1992 la
situazione precipita ulteriormente. Il popolo Saharawi si solleva in
massa contro la dichiarazione di Hassan II che vuole trasformare il
Sahara Occidentale in una regione marocchina. Le forze marocchine
reprimono nel sangue la rivolta. Alla fine si conteranno migliaia di
scomparsi tra il popolo Saharawi. Per tutti gli anni ’90 i
territori rimangono nella mani del Marocco in contrasto con le
delibere dell’Onu. Il referendum rimane un sogno lontano che il
popolo Saharawi non è riuscito ancora ad ottenere. La
posizione del Marocco continua ad essere sempre la stessa, in
contrapposizione alle risoluzione dell’Onu e al volere dei
Saharawi. Oggi i Saharawi continuano la loro lotta per
l’autodeterminazione. L’Onu il 30 Aprile scorso ha chiesto di
trovare una soluzione per risolvere questa decennale questione ma
finchè il Marocco sarà disposto a concedere solo un
autonomia al popolo Saharawi questo non sarà possibile.
Secondo Omar Mih, rappresentate ufficiale in Italia della RASD
(Repubblica Araba Saharawi Democratica), senza un intervento della
comunità internazionale questo conflitto non avrà mai
fine e auspica che l’Italia, membro del consiglio di sicurezza
dell’Onu, svolga il ruolo di pacificatore potendo contare su ottimi
rapporti con tutti i contendenti.
Di seguito la sua
intervista:
Intervista
a OMAR MIH
Rapp.te
ufficiale in Italia della RASD (Repubblica Araba Saharawi
Democratica)
IL
POPOLO SAHARAWI TRA SOLIDARIETA' INTERNAZIONALE E AUTODETERMINAZIONE
Festa Provinciale
dell'Unità di Modena 21/9/07
Hanno
partecipato :
GIOVANNI
MELLI Pres. Auser Regionale
GIULIANO
GIULIANI Comitato p.zza Carlo Giuliani
OMAR
MIH Rapp.te ufficiale in Italia della RASD (Repubblica Araba Saharawi
Democratica)
STEFANO
VACCARI Ass.re Prov. di Modena
FABIO
CAMPIOLI Pres. Ass.ne di Solidarietà con il Popolo Saharawi
-Kabara Lagdaf.
Coordina
:
ERMANNO ZANOTTI
Responsabile nazionale Progetti di Cooperazione e Solidarietà
Internazionale AUSER